Pretendiamo molto se chiediamo al signor Ministro di Grazia e Giustizia una maggiore sobrietà nelle dichiarazioni che va rilasciando a proposito dei suoi progetti sull’amministrazione della giustizia?
Comprendiamo che un giovane di trentotto anni paracadutato senza particolari credenziali su un incarico così prestigioso, si lasci prendere dalla frenesia di dimostrare che vale il regalo della sorte e che un siciliano assiso sulla poltrona dalla quale si dettano le coordinate della lotta alla criminalità organizzata, voglia fugare ogni dubbio sull’autenticità del suo impegno. Comprendiamo che egli voglia distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dai discutibili provvedimenti ad personam con fughe in avanti su un terreno in cui è facile stimolare i pruriti forcaioli della gente sulla pelle di disgraziati su cui si può tranquillamente imperversare. Ma, per carità, un pò di pudore!
Anche un contesto qual è quello mafioso impone un limite alle esagerazioni.
Il signor Ministro, quando parla di pene più severe, è sicuro di potersi riferire ai reati di mafia che già subiscono il regime di una categoria giuridicamente opinabile qual è quella del 416 bis che condanna la responsabilità oggettiva?
Il signor Ministro che parla di carcere più duro, sa che la pena nelle carceri di massima sicurezza in Italia è scontata in condizioni che irridono alla dignità dell’individuo e alla stessa normativa penitenziaria che prevede la rieducazione e il reinserimento del detenuto?
Il signor Ministro di Grazia e Giustizia che parla di rendere più impervio l’accesso agli sconti di pena, ha mai sentito parlare dei tempi della giustizia e di come l’imputato sconti l’intera pena prima di esaurire i tre gradi di giudizio, non facendo in tempo a realizzare la condizione di “definitivo” necessaria per usufruire dei benefici di legge tanto temuti?
Ma soprattutto, il signor Ministro che ha ottenuto un inasprimento del 41 bis, sa di cosa sta parlando? Gliene diamo un idea proponendo alla sua lettura un brano della lettera di un detenuto in regime di 41 bis: <<…questo dolcissimo figlio di tre anni, come sempre, non voleva lasciarmi ma questa volta è stata ancora più straziante. Dopo i dieci minuti che la legge mi accorda, ho dovuto far uscire il bambino ma egli non voleva saperne di lasciarmi e l’agente, mosso a compassione, lo ha fatto rientrare per un poco ancora fino a quando sua madre non è riuscita ad attirarlo al di là del vetro divisorio. Pensavamo che si fosse calmato ma ha continuato per tutto il tempo del colloquio a invocare il mio nome e a volere tornare da me battendo i pugni contro il vetro. >>
Ecco un esempio di 41 bis all’acqua di rose che permette ai detenuti contatti con elementi dell’organizzazione mafiosa camuffati da bambini, sul cui lassismo i bacchettoni nostrani si strappano le vesti. E’ lo stesso 41 bis la cui indulgenza preoccupa tanto il signor Ministro il quale, fino a quando la legge garantisce che degli uomini vengano murati vivi, tace. Quando invece la stessa legge ritiene che per alcuni detenuti non ci siano più le condizioni per tenere in vita un regime così severo perché il contesto originario in cui è maturato il provvedimento, dopo decenni, è mutato ed è venuta meno la capacità di collegamento dei detenuti con la criminalità, ecco che il signor Ministro insorge dichiarando che abbiamo scherzato, che le regole non vanno più bene e che le maglie vanno vieppiù serrate. Nella nota con cui il Ministro ha informato dell’iniziativa volta ad inasprire il 41 bis, è contenuto un appello all’unità di tutti gli schieramenti politici in nome dell’antimafia che, tradotto dal paludato linguaggio ufficiale, altro non è se non un messaggio di disponibilità a gettare sulla bilancia della pacificazione politica il peso di una maggiore severità che passi attraverso le vite a perdere dei detenuti in regime di 41 bis.
Nomen omen! Al portatore di un nome così vezzoso, il destino, intenerito, non poteva che offrire il meglio di sé, ma Angelino non prenda troppo sul serio i giocattoli che la sorte gli ha regalato!
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