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lunedì 23 dicembre 2013

Buon Natale

Augurare Buon Natale di questi tempi non è facile. E non perché siamo attanagliati dalla crisi economica, o almeno, non solo per questo motivo. Vivere il clima natalizio non disponendo dell’essenziale dopo che anni di interpretazione consumistica del Natale ci hanno abituato all’eccesso, non è facile, non potere incartare l’affetto che sentiamo per i nostri cari con i colori vivaci di un pur modesto regalo natalizio, è frustrante, contare gli spiccioli che servono a sopravvivere, maledizione, anche a Natale, è devastante, non avvertire il desiderio di andare in Chiesa perché nel cuore c'è l’inferno, dà un senso di vuoto difficile da colmare. Ma non c’è solo questo, c’è di peggio. C’è che non viviamo solo una qualità di vita miserabile perché siamo poveri di mezzi economici ma perché al crepuscolo economico si somma un crepuscolo ancora più grave, quello delle nostre coscienze, della nostra cultura e della nostra onestà intellettuale che ha bandito il senso della giustizia da questo nostro disgraziato Paese, perché è venuta meno la pietà e l’obbedienza ai valori che rimandano al messaggio cristiano del Natale.
Quanti si riempiono la bocca con la nostra Costituzione, la “più bella del mondo” che trasuda “giustizia e libertà”, e ne decantano lo spirito prescrittivo tacciando di lesa maestà quelli che non la condividono, si guardano bene dal far sentire la loro voce indignata contro lo sfregio alla giustizia e alla libertà di cui si macchia proprio questo Stato che nella Costituzione affonda le sue radici.
Se per finanziare lo sperpero e la spartizione del malloppo tra i privilegiati delle lobby, il debito pubblico a carico di tutti si è involato fino al 134 per cento del Pil, se la forbice si allarga sempre di più tra i pochissimi ricchi e i sempre più numerosi poveri, se le straordinarie risorse che il Padreterno e l’ingegno dei nostri avi ci hanno regalato, la natura e le opere d’arte con l’indotto delle opportunità di lavoro che ne potrebbe derivare, sono allo stremo, se il welfare ha vieppiù garantito rendite di posizione consolidate e ha lasciato la maggior parte dei pensionati alla mercé dell’indigenza, dobbiamo ringraziare questo Stato ingiusto il quale peraltro non si è fermato alla sola ingiustizia sociale. E’ andato oltre aggiungendo alla ingiustizia sociale l’ingiustizia tout-court. Dobbiamo infatti a questo Stato il sovraffollamento delle carceri, le misure di sicurezza inumane figlie della inadeguatezza di un sistema di controlli incapace di coniugare sicurezza e umanità, la celebrazione di processi penali e civili infiniti che tengono la vita degli imputati sotto scacco per decenni e mettono a rischio il futuro delle imprese, l’imperversare di accuse infamanti che sfregiano reputazioni innocenti e di teoremi deliranti che oscurano la ragione e travolgono tutto ciò che non risponde ai canoni dell’ideologicamente corretto, la sterile gestione della lotta alla malavita nota sotto il nome di “cultura della legalità” che vede impegnati i soliti professionisti dell’antimafia nell’esercizio di una retorica roboante e vuota, la corsa all’intransigenza gratuita dei soliti mestatori di disgrazie che serve a lustrare il pedigree di personaggi in cerca d’autore lucrando sulla pelle dei figli di nessuno buoni per tutte le strumentalizzazioni.

Non c’è da stare allegri, vero? Quando penso al Natale penso agli anziani signori che portano stampati nel volto i segni dell’antica dignità e della attuale vergogna mentre rovistano nel bidone dell’immondizia. Ad essi e a tutti quelli che soffrono offro il mio cuore e la speranza di poterli aiutare in qualche modo, agli altri un logoro, stanco augurio di Buon Natale.

domenica 8 dicembre 2013

La morte di Mandela

La morte di Mandela ha scatenato la solita orgia retorica e offerto l’occasione per esercitazioni fuori tema. La figura di Mandela non merita di essere accostata alle miserie di casa nostra e invece la nostra politica priva di ritegno non ci ha fatto mancare il solito teatrino a spese della decenza. Hanno imperversato in tanti saccheggiando un personaggio dal quale dovevano stare alla larga e fra questi si è distinto Berlusconi non parendogli vero di cogliere l’occasione per prodursi in  una perorazione pro domo sua. Egli ha lodato Mandela ma subito dopo ha vestito i panni di Cicerone proclamando: “molti , tra coloro che in queste ore ne tessono le lodi, imparino a praticare quella riconciliazione nella verità e nel rispetto reciproco che è stato il suo più grande merito e la sua più grande vittoria”. L’invocazione è giusta, ma il pulpito non è credibile. Forse che Berlusconi è esente da colpe per questo clima di guerra strisciante e l’invocazione della conciliazione non appare in questo momento come la richiesta di un atteggiamento accomodante nei suoi confronti? 
Bene ha fatto Renzi a rispondergli riportandolo al senso delle proporzioni: “Non scherziamo, Mandela ha sofferto per 27 anni in un Paese in cui le panchine erano separate per persone bianche e di colore. Mandela è stato un premio Nobel per la pace, un pezzo della storia del ‘900: fare paragoni fra il Sudafrica e l’Italia è offensivo, parliamo di cose serie”.
Bravo Renzi, parliamo di cose serie ma proprio per questo, mentre bacchettiamo chi fa paragoni impropri, ricordiamoci che il Sudafrica produce uomini come Mandela e l’Italia uomini come Berlusconi e Renzi. Ricordiamoci soprattutto che in Italia anziché un Mandela che si misurava con un destino di sofferenza all’altezza del suo spessore, ci sono dei comuni disgraziati che si misurano e soccombono, al contrario di quanto è accaduto a Mandela, nelle miserabili sfide che sono costretti a combattere contro la sofferenza, l’ingiustizia, la povertà, le difficoltà e le tragedie più inaudite che si consumano nell’indifferenza e nell’anonimato. I signori che si riempiono la bocca con giaculatorie e duellano sulla proponibilità o meno di paragoni, ci spieghino come può accadere che nella civilissima Italia cittadini ormai allo stremo perdano ogni giorno di più un pezzo della loro dignità e siano costretti in numero sempre maggiore a lottare per la sopravvivenza quotidiana.

E’ vero caro Renzi, fare paragoni fra Sudafrica e Italia è offensivo, ma non perché l’ Italia non sia paragonabile al Sudafrica dell’apartheid, anche da noi esiste una apartheid che separa destra e sinistra, politica e magistratura, oligarchi e cenciosi, esiste un clima da guerra civile, e la necessità di una riconciliazione è imprescindibile per la realizzazione del nostro futuro. Il paragone più che offensivo, è improponibile perché in Italia non esiste un Mandela capace di porre fine a tutto questo, di pacificare gli animi, riportarli al senso della misura e dell’interesse generale e scongiurare un declino inarrestabile.