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sabato 3 marzo 2018

Fascismo e antifascismo


Il tic di certa cultura di sinistra ci regala in questi giorni una delle tante sbornie nelle quali è solita incorrere, quella del pericolo fascista che metterebbe a rischio la nostra democrazia. Si dichiarano antifascisti i consueti personaggi che ci hanno abituato alle battaglie più improbabili sui temi più vari, declinati con la solita intransigenza, e hanno cavalcato ideologie che hanno costituito, esse si, un pericolo per la nostra democrazia. Maitres à penser a braccetto con alti rappresentanti delle istituzioni scendono in piazza e straparlano di pericoli inesistenti creando ad arte un clima d’emergenza che falsa la lotta politica. Questi  ineffabili vessilliferi della democrazia a senso unico rivendicano l’esclusiva della rispettabilità politica e della superiorità morale sventolando la bandiera della lotta contro ogni genere di male, la corruzione, il malaffare, la decadenza morale e politica, senza interrogarsi sulle proprie responsabilità, e demonizzano gli  avversari politici etichettati sbrigativamente come fascisti. Antifascisti si dichiarano i giacobini dei centri sociali che assaltano i luoghi di incontro di  nostalgici fuori dalla storia e aggrediscono le forze dell’ordine che hanno il solo torto di volere far rispettare la legge. Nel momento stesso in cui dichiarano di volere combattere il fascismo, questi teppistelli si comportano da fascisti negando agli avversari il diritto di esistere e di esprimere legittimamente le loro idee. Antifascisti si dichiarano coloro che con disonestà intellettuale tentano di far passare per una pagina di lotta al fascismo quella che fu una vera e propria pulizia etnica perpetrata con terribile ferocia dai macellai titini ai danni di migliaia di italiani d’Istria e Dalmazia attraverso la pratica disumana  dell’ infoibamento. L’italianità fu considerata una colpa e confusa con il fascismo e fu scritta una delle pagine più infami della ferocia umana che alcuni cantori dell’epica partigiana in salsa messicana tentano di occultare o di gabellare come una sacrosanta pagina di lotta antifascista. Antifascisti si dichiaravano i protagonisti della stagione brigatista che assassinarono servitori dello Stato, giornalisti, uomini politici, regalandoci uno dei periodi più bui della nostra storia democratica e che gli antesignani degli attuali campioni dell’antifascismo definivano con indulgente eufemismo: “compagni che sbagliano”. Antifascisti si dichiarano certi censori ai quali la cosiddetta società civile ha assegnato il ruolo di guardiani della moralità e il diritto di stilare liste di proscrizione con le quali stabiliscono chi è presentabile e chi non lo è, escludendo, come è ovvio, coloro che a loro insindacabile giudizio sono fascisti. Gli antifascisti arrembanti in questa stagione di mistificazioni in cui tutto si confonde, non si lasciano cogliere dal dubbio che la superiorità morale da loro rivendicata, il rifiuto del dialogo con chi la pensa in maniera diversa dalla loro, la mancanza di rispetto dell’altrui dignità, il fanatismo ideologico di cui sono portatori sani, sono categorie di un integralismo settario che non ha nulla da invidiare al fascismo. Non è il fascismo il vero pericolo, anche se fa un certo effetto la Meloni in pellegrinaggio da Orbàn, il vero rischio è il populismo che i protagonisti della politica di destra e di sinistra hanno concorso a far nascere nei decenni passati ignorando l’arte del buon governo. I dilettanti allo sbaraglio che inviano per posta al Capo dello Stato la lista dei ministri dimostrando di non conoscere l’abc della grammatica costituzionale o che confondono la Costituzione con la Bibbia e che con le loro boutades promettono un Paese dei balocchi astratto dalla dura realtà che impone senso di responsabilità, essi, si, sono il vero pericolo. E’ con loro che dobbiamo fare i conti, e per questo bel regalo dobbiamo ringraziare chi li ha prodotti narrandoci le favole del passato ma distraendosi e distraendoci dai problemi del futuro.