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mercoledì 14 febbraio 2018

Il vizietto


Il vizietto  caro alla sinistra di gridare al lupo quando il lupo non c’è riaffiora puntuale alla prima occasione. Stavolta l’occasione si è presentata con i fatti di Macerata, cittadina diventata il vessillo di una battaglia corriva e ideologica. L’exploit criminale di un demente che ha tentato una carneficina per vendicare la morte di una giovane donna fatta a pezzi, ha fornito ai soliti barricaderi il pretesto per organizzare una manifestazione antifascista. Sfido chiunque a dimostrare che il gesto sconsiderato di un stupido infarcito di ideologie farneticanti, possa essere considerato il sintomo di un ritorno al fascismo e costituire un pericolo per la nostra democrazia. La democrazia corre rischi se si mistifica la realtà e si confondono le menti come è accaduto nella manifestazione di Macerata dove è ricorsa la solita paccottiglia sul fascismo incombente e si sono visti in giro personaggi, i cosiddetti compagni che hanno sbagliato e negli anni bui ci hanno deliziato con le loro gesta rivoluzionarie, che ritenevamo definitivamente cancellati dalla storia e che invece risorgono dalle ceneri  riabbracciandosi con i compagni che hanno guardato con indulgenza alle loro gesta e manipolando giovani coscienze con la riesumazione di un settarismo di cui non si sente certamente il bisogno. Questi dinosauri duri a morire e i loro invasati discepoli ci ammoniscono su fantomatici mandanti morali, urlano slogan contro Minniti fascista, incitano a dar fuoco alle sedi fasciste quando dentro c’è un bel po’ di gente da arrostire, inneggiano alle foibe scambiando vittime con colpevoli, esibiscono striscioni per ricordare i migranti vittime del raid di Traini ma dimenticano di menzionare Pamela (della cui morte sono sospettati alcuni migranti) operando una rimozione che sa di razzismo al contrario. E’ chiaro che non è il caso di ricorrere a sbrigative etichettature attribuendo l’esclusiva della violenza ai migranti ma è altrettanto chiaro che esiste un problema legato alla migrazione che non va sottovalutato. Quando si fa del manicheismo ponendo tutto il bene da una parte, esibendo un buonismo che declina un’accoglienza a gogò incapace di offrire condizioni di vita dignitose ma capacissima di prestarsi a speculazioni e sfruttamenti, può accadere che si creino sacche di disagio e che in questo disagio si insinuino le farneticazioni del populismo e le reazioni sconsiderate di menti malate. Bisogna allora interrogarsi sulle cause del disagio piuttosto che demonizzare chi lo denuncia, in giro ci sono troppi stupidi che professano razzismo senza bisogno che ci metta del suo il radicalismo ideologico che chiude la porta al dialogo. La dogmatica delle verità infuse che non tollera di essere messa in discussione,  la mancanza di un confronto civile in cui a tutte le opinioni sia consentita pari dignità, costituiscono altrettanti ostacoli alla individuazione e rimozione delle cause del disagio e anzi sono il brodo di coltura nel quale crescono e si moltiplicano i batteri del pressappochismo e degli istinti retrivi. Il vuoto culturale diventa così una prateria nella quale alligna la malerba dell’intolleranza. Se siamo indotti a  gridare al lupo quando il lupo non c’è, se incoraggiamo il vuoto culturale riempiendolo con fandonie, non possiamo aspettarci la saggezza necessaria per superare momenti in cui la saggezza è necessaria.