Visualizzazioni totali

venerdì 20 aprile 2018

L'innocenza violata


Il 16 aprile 1973 a Roma, quartiere Primavalle, perirono, arsi vivi in un rogo, Stefano Mattei di 8 anni, e il fratello Virgilio di 22 anni. Furono le vittime dell’incendio appiccato alla loro casa da alcuni esponenti del movimento extraparlamentare di estrema sinistra Potere Operaio, giovani della buona borghesia romana che giocavano a fare i rivoluzionari e non si facevano scrupolo di arrostire i rappresentanti del proletariato che avevano il torto di essere figli di un “fascista”. In nome della lotta al fascismo bruciare vivo un bambino di 8 anni rientrava nella logica dei danni collaterali cui si deve prestare ogni sacrosanta battaglia per la democrazia. Ma l’enormità del misfatto non si è fermata al massacrò in sé, essa si è dilatata ancora di più con la mistificazione operata dalla galassia di sinistra che si impegnò nello sforzo di far passare la vicenda come una faida interna al mondo dei nostalgici fascisti, costruendo una realtà parallela e falsa che aveva come scopo di scagionare i veri colpevoli. Cortei e appelli pro-indagati furono inscenati manipolando la realtà e ficcando cinicamente l’inganno dentro la solita sbornia ideologica. In nome delle magnifiche sorti e progressive anche la terribile morte di un bambino ad opera di delinquenti politici veniva strumentalizzata per fini ideologici. Erano i tempi in cui i brigatisti rossi veniva gratificati con l’indulgente epiteto di compagni che sbagliano. Buona parte di questo ciarpame ideologico ha continuato a imperversare, anzi ha conquistato il centro della scena decretando quello che è giusto e quello che non lo è, quello che è morale e quello che non lo è, impossessandosi del ruolo di mosca cocchiera delle coscienze e rivendicando l’esclusiva del politicamente corretto. Sono i campioni di questo ciarpame che decidono quali sono le battaglie da combattere intestandosele in esclusiva e costruendo su di esse reputazioni altrimenti improbabili. Sono gli eredi di coloro che hanno ucciso una seconda volta il piccolo Mattei impegnandosi nell’occultamento della verità e che hanno rimosso un episodio emblematico del loro cinismo ideologico banalizzandolo come un qualsiasi episodio di cronaca nera, gli stessi che oggi fanno sentire più alte le loro voci rispetto all’unanime indignazione per l’infame uccisione del piccolo Di Matteo. Persino l’indignazione diventa per i nostri campioni strumento ideologico e assume una colorazione diversa a seconda che un bambino trucidato si chiami Mattei o Di Matteo.

giovedì 12 aprile 2018

Lula


A quanto pare il Brasile è un Paese alla mercé di un regime che affida l’amministrazione della giustizia a tribunali speciali. Non ce ne eravamo resi conto fino a quando non  hanno provveduto ad aprirci gli occhi i santoni della sinistra italiana i quali hanno firmato un manifesto con cui decretano l’innocenza di Lula e accusano i magistrati brasiliani di avere emesso una sentenza di colpevolezza non fondata, con lo scopo di  cambiare le sorti delle prossime elezioni politiche in Brasile. Una magistratura deviata dunque al servizio  di non meglio precisati interessi occulti. Lula a sua volta ha messo in discussione la legge, quella stessa legge di cui era garante quando era presidente del Brasile, ponendosi al di sopra di essa con la sua decisione di sottrarsi alla pena e col sostegno dei suoi seguaci che assieme a lui si sono barricati nella sede del sindacato e hanno sospeso per parecchi giorni l’esecuzione della condanna. Quando finalmente ha deciso di consegnarsi alla giustizia, ha posto come condizione che il trasferimento in carcere avvenisse con un aereo privato e la detenzione fosse scontata in una prigione dorata. Tutto questo non ha scandalizzato i nostri campioni della democrazia che anzi, mentre ieri osannavano le sentenze che in Italia condannavano alcuni protagonisti della vita politica di parte avversa e insorgevano contro le accuse di partigianeria lanciate ai nostri magistrati, oggi non hanno lo stesso rispetto nei confronti di una sentenza della magistratura brasiliana della cui reputazione, evidentemente, non hanno grande considerazione. E’ una questione di quarti di nobiltà, la magistratura italiana ha i quarti giusti e merita di salire sugli scudi poiché colpisce nella direzione gradita agli illuminati di casa nostra, quella brasiliana invece, poiché si permette di colpire un unto della sinistra come Lula, merita di essere trattata alla stregua di una banda di malfattori dedita a disegni criminosi. E’ la logica dei nostri disinvolti moralisti, indulgenti con gli amici e severi con i nemici, inossidabili nella loro presunzione di un’etica superiore che poggia su categorie ideologiche.

domenica 1 aprile 2018

La Pasqua


Come ogni anno la Pasqua è l’occasione per i soliti rituali che vedono impegnati i bravi cristiani nelle liturgie dei buoni propositi. La misericordia soprattutto e la pietà la fanno da protagonisti indiscussi con proclami solenni sulle buone intenzioni che accompagneranno le nostre azioni future. Ci ripromettiamo di perdonare i torti subiti, di rinunciare al rancore che sostituiamo con un’orgia di buonismo  all’apparenza sincero ma in realtà farisaico. Perché, ahinoi, i sentimenti non sono così autentici come appaiono e non includono i reietti della scala sociale che rimuoviamo con colpevole indifferenza giocando a rimpiattino con la nostra coscienza.  Alla Pasqua gaudente e festaiola dei cristiani redenti si oppone la mala Pasqua degli ultimi che la redenzione sembra avere dimenticato, dei clochard ai margini delle strade, dei carcerati lontani dagli affetti, degli anziani parcheggiati nei cimiteri degli elefanti che chiamiamo case di riposo in cui si consuma la spietatezza di noi figli, dei poveri privi delle necessarie provvidenze e della necessaria dignità, dei malati dimenticati nelle corsie degli ospedali. E ancora di coloro che vivono una disperante solitudine esistenziale e in questo periodo sentono di più la loro angoscia privi come sono di un qualsiasi appiglio al quale aggrapparsi presso i propri simili indaffarati nelle incombenze festive, e dei figli di una generazione che vive un malessere profondo e maledice le festività percepite come un insulto alla propria condizione precaria, e di quelli che non hanno fede e si muovono disorientati nel clima di festa come degli alieni in un pianeta inospitale. Di coloro ai quali per decenni è stato impedito di abbracciare i propri cari detenuti in quell’universo kafkiano che è il 41 bis e che durante le feste sentono ancora di più la crudeltà di questa innaturale mutilazione degli affetti praticata da uno Stato vendicativo e dedito alla tortura. E di Stefania che, senza piangersi addosso e con forza d’animo, sta combattendo la battaglia più dura della sua vita contro l’ingiustizia di un male vile che aggredisce la sua età innocente. Stiamo parlando dell’indifferenza di un mondo sempre più scristianizzato. Che dire? Buona Pasqua o mala Pasqua? A ciascuno la  Pasqua che la sorte gli ha assegnato.       .