Visualizzazioni totali

domenica 28 febbraio 2010

Poniamoci delle domande

Il pianeta giustizia in Italia è attraversato da storture vecchie e nuove di cui proviamo ad abbozzare
un elenco senza alcuna pretesa di una analisi che le spieghi ma limitandoci ad una denuncia che prende mestamente atto dell’ineluttabilità di esse.
C’è da chiedersi perché:

_ uomini dal passato oscuro e dalle inspiegabili fulminee carriere possono sedersi in tutta tranquil=
lità sul pulpito di una pretesa superiorità morale e da lì con manichea intransigenza stilare liste di
proscrizione, disegnare croci di Adenauer collocando da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, tra=
scinare sul banco degli imputati i cattivi, istruire processi ed emettere sentenze di condanna
che anticipano quelle dei tribunali;

_ a causa della carcerazione preventiva gli imputati sono costretti all’espiazione di buona parte della
pena edittale prima che si concludano i tre gradi di giudizio;

_ la presunzione di innocenza si è nei fatti ribaltata in presunzione di colpevolezza e l’imputato ha
l’onere di dimostrare la propria innocenza più di quanto l’accusa di provarne la colpevolezza;

_ dichiarazioni di pentiti non riscontrate da supporti esterni diventano prove per il solo fat=
to che convergono con altre dichiarazioni parimenti non riscontrate;

_ in un sistema che prevede l’istituto del processo accusatorio si è conservato il principio di un’uni=
ca carriera che rende sodali giudici e procuratori e questi ultimi possono imperversare prima e
durante il processo grazie ad un potere senza equivalente responsabilità che non sia quella accertata da controlli di casta. E ancora l’obbligatorietà dell’azione penale si è in effetti tramutata in
discrezionalità;

_ l’enorme potere della magistratura ubbidisce esclusivamente ad un organo di autocontrollo che
non risponde ad altri che a sé stesso con buona pace del bilanciamento dei poteri;

_ le morti in carcere per pestaggi e suicidi continuano a verificarsi con cadenza sinistramente rego=
lare nell’indifferenza dell’opinione pubblica e senza che si individui alcuna responsabilità;

_ uomini investiti da uragani giudiziari restano colpevoli nell’immaginario collettivo, triturati nel
frullatore mediatico, distrutti nel fisico e nello spirito, destabilizzati nell’immagine e nel patrimo=
nio per decenni prima di conoscere la loro sorte;

_ figli incolpevoli, strappati dalla detenzione al rapporto con i padri, subiscono la crudeltà di norme
ciniche che li relegano nel recinto degli affetti negati, imponendo loro lontananze incolmabili e
divieti disumani;

_ uomini che hanno pagato il conto delle loro colpe sono, all’atto della scarcerazione, catapultati
senza ammortizzatori in una società ostile che li respinge negando loro qualsiasi prospettiva che
non sia quella di tornare a delinquere e quanti in carcere ci restano a vita diventano patetici re=
sidui della loro originaria umanità, sciagurati depositari di un disperato incoscio che li condurrà
all’appuntamento con il suicidio;

Sono domande alle quali si può provare a dare una risposta esaminando lo stato di salute della
stampa e della politica.
Nella sua biografia “La fine è il mio inizio” Tiziano Terzani definisce il giornalismo “il quarto potere, la stampa e i mezzi di informazione che controllano il giudiziario, l’esecutivo e il legislativo
diventano la voce della gente che non può parlare.” E Pulitzer nel suo libro “Sul giornalismo” di=
ce :” Un giornalista è la vedetta sul ponte di comando della nave, non agisce in base al proprio red=
dito né ai profitti del proprietario. Resta al suo posto per vigilare sulla sicurezza e il benessere dei
lettori che confidano in lui.”
Vi pare che alcuni cronisti giudiziari che velinano i bollettini dei P.M. rispondano a questi requisiti
o non piuttosto che abbiano abdicato alla loro indipendenza “facendo della bassa macelleria perché
più sangue scorre più copie si vendono”(Ostellino) e “mettendo fango nelle pale del ventilatore a
caccia di notizie sulle debolezze, le miserie, le pruderie” (Bertolaso) di uomini di cui non è ancora dimostrata alcuna responsabilità penale?
Nel panorama di un giornalismo distratto e orientato, vorace e crudele, latita la figura della “vedet=
ta sul ponte di comando della nave che vigila sul benessere dei lettori che confidano in lui” e invece
prolifera la figura del giornalista protagonista che ha a cuore il proprio benessere e la notorietà da conquistare ad ogni costo, anche a costo di patti scellerati e posizioni di subalternità.
La politica è l’altra grande malata del nostro sistema incapace com’è di dare risposte ai problemi del
Paese e invece efficientissima nel dare l’assalto alle risorse dello Stato garantendosi prebende che la
decenza dovrebbe scoraggiare e ponendosi sotto ricatto, nuda in tutta la sua debolezza, protagonista
poco credibile nella dialettica istituzionale.

mercoledì 10 febbraio 2010

Dei pentiti di mafia e della loro licenza di mistificare

Ho riletto dopo anni “Il marxismo tra democrazia e totalitarismo” di Virgilio Fagone e l’introduzione ad esso curata da R. Carmagnani e P. Rizzuto che così conclude: <> E’ l’analisi di una ideologia sconfitta dalla storia ma che ci ha lasciato l’eredità di una figura dura a morire, quella dell’intellettuale organico che pretende di farsi portatore esclusivo di valori universali, di essere guida morale e civile, di ritenere che, in nome di questa pretesa, tutto sia consentito. Soprattutto che sia consentito tenere in vita la contraddizione tra le dichiarazioni di principio a sostegno dell’uomo liberale al quale si riconosce centralità e la prassi, oserei dire marxista, che lo mortifica.
Una sorta di ricatto morale serpeggia tra quanti attendono alla vita pubblica e sono responsabili della nostra vita privata, una sorta di assoggettamento al politicamente corretto che azzera la capaci-
tà di pensare. Queste riflessioni mi sono state suggerite dalla lettura delle reazioni alla notizia di un
DDL che il parlamentare PDL sen. Valentino sta proponendo sui pentiti di mafia. Pare che il sen. Valentino voglia fare approvare una norma secondo la quale le dichiarazioni dei pentiti, per essere
valide, debbono essere supportate da specifici riscontri esterni.
Si è scatenata una massiccia levata di scudi e lo stesso ministro di Grazia e Giustizia si è precipitato
a dirsi contrario e a tranquillizzare il Capo dello Stato che il tentativo di Valentino non arriverà in
aula. Ma perché tanto allarme?
Secondo la normativa attuale un pentito può dichiarare che tizio è mafioso e la sua dichiarazione sa-
rà valutata unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità. Questo signifi-ca che la dichiarazione di un pentito non è valutata nella sua intrinsecità ma in quanto supportata
dalla dichiarazione di altro pentito che costituisce l’elemento di prova di cui parla la norma. E’ la cosiddetta convergenza del molteplice. Non importa che ciascuna dichiarazione da sola non abbia valore di prova perché non supportata da specifici riscontri esterni, è sufficiente che essa converga con altra dichiarazione magari anche questa priva di riscontri, perché guadagni la patente di attendibilità e dignità di prova.
Appare chiaro che stiamo parlando di una prova autoreferenziale e priva di valore ed è dunque legittima la proposta del sen.Valentino tesa a modificarla. Eppure essa è sta demonizzata e fatta oggetto di scandalizzate reazioni. Le solite anime belle si sono strappate le vesti parlando di regalo alla mafia e lamentando che, se venisse approvata la norma proposta, si azzererebbero di fatto i processi di mafia. Ma questi sacerdoti della giustizia dov’erano quando venivano emesse sentenze basate su prove inesistenti? E perché una norma ingiusta non dovrebbe essere modificata per la preoccupazione che essa azzeri i processi quando invece proprio perché poggiano su una norma ingiusta i processi, sia pure di mafia, è sacrosanto che siano azzerati?
Forse perché parliamo di mafia e tutto è consentito in nome della lotta alla mafia e ai mafiosi per i quali i principi liberali non valgono e sui quali si può, senza pagare pegno, imperversare facendo di uomini privi di diritti strumento di propaganda, schiavi di postulati etici, carne da macello da dare in pasto alla “pruderie” di moralizzatori da strapazzo che sognano rivoluzioni abortite e hanno l’odio nei cuori?