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sabato 5 settembre 2009

Dell’Italia democratica

“Rispetto ed obbedienza ai magistrati anche se sono contraffatti”.

Dalle “Cattedre della virtù” Nietzsche ci ammonisce al rispetto per i magistrati anche per quelli “contraffatti” e tale rispetto a maggior ragione si deve ad un magistrato solitamente misurato quale il dottor Pietro Grasso. Senonchè, in occasione della presentazione del suo libro “Per non morire di mafia”, il procuratore nazionale antimafia ha abbandonato la sua consueta misura dichiarando che in Italia non c’è piena democrazia e che “bisogna bloccare chi vuole controllare giornalisti e magistrati”.
Stupisce che un alto rappresentante delle istituzioni democratiche disconosca la legittimità delle Istituzioni che rappresenta al punto da suggerire di “bloccare” le iniziative da queste poste in essere. Quasi che, rappresentando egli il bene, pretenda di stabilire ciò che è giusto e ingiusto e si arroghi il diritto di relegare nella sentina del male ciò che ha bollato come ingiusto solo perché non è gradito alla magistratura. Ma il bavaglio lamentato dal superprocuratore è arbitrario o è frutto di una legittima attività parlamentare e questa attività finisce di essere democratica solo perché lambisce certi santuari?
La magistratura è fatta di uomini che possono svolgere la loro funzione in maniera impeccabile ma possono, anche se in buona fede, lasciare il segno di una decisione ingiusta nella vita di altri uomini.
Nel rivendicare la propria autonomia essa non può ritenersi legibus soluta e deve dare prova di meritare questa autonomia vigilando, grazie all’opera di controllo partorita dal proprio seno, che uomini i quali dipendono dall’enorme potere di questa autonomia, non siano in balia dell’arbitrio.
Quando, come nel mio caso, un magistrato ha deciso di sequestrare l’unico bene di cui dispongo, due appartamenti donatimi da mia madre nel 1969, giustificando il provvedimento con la motivazione che questi appartamenti provengono da miei illeciti guadagni, quando, dopo tre anni di carcere e di conseguente tracollo finanziario, mi viene impedito di vendere questi beni, palesemente leciti, per far fronte alle emergenze causate dalla mia detenzione, quando osservo il volto smarrito dei miei cari i quali non riescono a farsi una ragione di tutto questo, allora io dico che è giusto “non morire di mafia” ma che è altrettanto giusto “non morire di antimafia” e che è vero quanto afferma il procuratore Grasso, cioè che in Italia non c’è piena democrazia.

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