Visualizzazioni totali

venerdì 3 luglio 2015

L’innominato

Il personaggio di cui mi occupo in questo post dispone di un potenziale offensivo di tutto rispetto che sconsiglia sfide suicide, per questo motivo eviterò di declinarne apertamente l’identità. So che non faccio la figura di un cuor di leone ma appartengo ad una specie non protetta e non mi posso permettere certi lussi. Come recita saggiamente un proverbio siciliano,“fuggire è vergogna ma è salvamento di vita”. Dunque il personaggio in questione è una icona della superiorità morale, sodale della consorteria dei puri, sacerdote del verbo antimafioso, che dall’alto del suo ambone distribuisce sermoni e scaglia fatwa contro gli infedeli che non aderiscono alla sua chiesa, liquidandoli tutti come mafiosi. Il principio guida della sua vita è il sospetto che brandisce per mascariare gli avversari, anzi i nemici, attingendo ad un retroterra sub culturale che mescola un pot pourri di frasi fatte e di ovvietà politicamente corrette date in pasto a un popolo di tricoteuses traboccanti di vuoto e assetate di sangue che sbavano in sognante adorazione di cotanto profeta. Un’altra categoria che lo ispira è la sua inclinazione sibarita che lo indirizza verso valutazioni estetiche imbarazzanti sulla morfologia dei personaggi che non gli aggradano, ma il meglio di sé lo da nella sua personalissima concezione del diritto inteso quale optional piegato alla bisogna, ora malandrino e incurante delle regole quando si tratta di colpire gli avversari, ora compiacente e omertoso quando si tratta di coprire le magagne degli amici del cerchio magico ammessi ai privilegi della greppia da lui stesso creata, secondo un copione caro a certi tromboni radical chic che hanno una doppia morale e la utilizzano come un’arma impropria. Ognuno ha il messia che si merita e noi siciliani ci meritiamo questa caricatura di Savonarola perché siamo un popolo di servi che ha perduto il senso della decenza e ha dilapidato il proprio orgoglio deponendolo ai piedi di ciò che conviene, ora della mafia che traffica con la morte e il malaffare, ora della mafia dei furbi che ha fatto dell’antimafia un affare lucroso servendosi dei soliti turibolanti utili idioti. Grazie alla sua disinvoltura morale il nostro innominato ha saputo barcamenarsi, in barba alla decenza, tra le insidie delle verità scomode e, con la sua natura debordante che non conosce argini, dilagare imperterrito approfittando della dabbenaggine del solito gattopardismo siciliano che, inseguendo i suoi bizantinismi, si è incartato e ci ha regalato questa guida illuminata. Ce lo siamo meritato e ce lo teniamo, ma è troppo sperare che, nella migliore tradizione della nostra storia di popolo messo a giudizio da provvidenziali invasori, qualcuno abbia misericordia di noi e venga ancora una volta a soccorrerci? Il signor Renzi, per esempio, alla cui scuderia tutto sommato appartiene il nostro campione, e che potrebbe decidere di ritirarlo dall’agone siciliano destinandolo a competere nelle sue contrade?

Nessun commento:

Posta un commento