Il personaggio di cui mi occupo in
questo post dispone di un potenziale offensivo di tutto rispetto che
sconsiglia sfide suicide, per questo motivo eviterò di declinarne
apertamente l’identità. So che non faccio la figura di un cuor di
leone ma appartengo ad una specie non protetta e non mi posso
permettere certi lussi. Come recita saggiamente un proverbio
siciliano,“fuggire è vergogna ma è salvamento di vita”. Dunque
il personaggio in questione è una icona della superiorità morale,
sodale della consorteria dei puri, sacerdote del verbo antimafioso,
che dall’alto del suo ambone distribuisce sermoni e scaglia fatwa
contro gli infedeli che non aderiscono alla sua chiesa, liquidandoli
tutti come mafiosi. Il principio guida della sua vita è il sospetto
che brandisce per mascariare gli avversari, anzi i nemici, attingendo
ad un retroterra sub culturale che mescola un pot pourri di frasi
fatte e di ovvietà politicamente corrette date in pasto a un popolo
di tricoteuses traboccanti di vuoto e assetate di sangue che sbavano
in sognante adorazione di cotanto profeta. Un’altra categoria che
lo ispira è la sua inclinazione sibarita che lo indirizza verso
valutazioni estetiche imbarazzanti sulla morfologia dei personaggi
che non gli aggradano, ma il meglio di sé lo da nella sua
personalissima concezione del diritto inteso quale optional piegato
alla bisogna, ora malandrino e incurante delle regole quando si
tratta di colpire gli avversari, ora compiacente e omertoso quando si
tratta di coprire le magagne degli amici del cerchio magico ammessi
ai privilegi della greppia da lui stesso creata, secondo un copione
caro a certi tromboni radical chic che hanno una doppia morale e la
utilizzano come un’arma impropria. Ognuno ha il messia che si
merita e noi siciliani ci meritiamo questa caricatura di Savonarola
perché siamo un popolo di servi che ha perduto il senso della
decenza e ha dilapidato il proprio orgoglio deponendolo ai piedi di
ciò che conviene, ora della mafia che traffica con la morte e il
malaffare, ora della mafia dei furbi che ha fatto dell’antimafia
un affare lucroso servendosi dei soliti turibolanti utili idioti.
Grazie alla sua disinvoltura morale il nostro innominato ha saputo
barcamenarsi, in barba alla decenza, tra le insidie delle verità
scomode e, con la sua natura debordante che non conosce argini,
dilagare imperterrito approfittando della dabbenaggine del solito
gattopardismo siciliano che, inseguendo i suoi bizantinismi, si è
incartato e ci ha regalato questa guida illuminata. Ce lo siamo
meritato e ce lo teniamo, ma è troppo sperare che, nella migliore
tradizione della nostra storia di popolo messo a giudizio da
provvidenziali invasori, qualcuno abbia misericordia di noi e venga
ancora una volta a soccorrerci? Il signor Renzi, per esempio, alla
cui scuderia tutto sommato appartiene il nostro campione, e che
potrebbe decidere di ritirarlo dall’agone siciliano destinandolo a
competere nelle sue contrade?
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