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giovedì 23 luglio 2015

La solitudine


Ho finito di leggere  “Avventurieri dell’eterno” di  Antonio Socci e “Abolire il carcere” di Manconi, Anastasia, Calderone e Resta, e sono passato dalla sensazione di speranza e di felicità cui, secondo il messaggio di Socci, è destinato l’uomo, ad una sensazione opposta che ben conosco, la sensazione di pena per la condizione  in carcere narrata nelle pagine del libro di Manconi & C. e  drammaticamente confermata dalla notizia degli ultimi suicidi di due detenuti. Mi sono venute in mente la poesia di Quasimodo  “Ed è subito sera” e la lode della solitudine di Gervaso e mi sono chiesto se la solitudine non sia il solo vero rimedio alla vita che ci è stata assegnata e che decliniamo come possiamo e sappiamo tra le insidie di un mondo contraddittorio, a volte generoso a volte crudele, che mette a dura prova la nostra fragilità raziocinante. Ho un parente ossessionato dalla cultura della legalità e da una sorta di paranoia etica che lo guida in tutti i suoi giudizi, in genere severi e senza sconti. Giunge a negare i meriti più evidenti se macchiati da ciò che a lui appare eticamente censurabile. Inutile spiegargli che merito e moralità non sono categorie inscindibili, che l’uno non deve necessariamente presupporre l’altra, e che anzi nella storia dell’uomo ricorrono tanti esempi di sommi artisti moralmente indegni, il nostro intransigente campione non si convince e resta fermo nella sua condanna inappellabile. Peccato che egli, come tutti i moralisti, abbia una doppia morale. Quando, esasperato dalla sua inflessibilità, gli ricordo che sta godendosi la pensione grazie ai buoni uffici dell’onorevole Pincopallo che lo ha sistemato illo tempore in una struttura pubblica senza farlo passare attraverso le forche caudine di un concorso, mi guarda con aria stupita protestando che così fan tutti. Una bella morale come si vede. Non ricordo chi disse: “Guardo dentro di me e inorridisco”. Ebbene  la  morale del mio parente è la morale farisaica di chi è indulgente con se stesso e inorridisce solo per i peccati altrui, di coloro che inarcano il sopracciglio al cospetto della sorte infelice di una umanità che non conoscono eppure demonizzano, quella degli innocenti figli di padri colpevoli, che, a loro dire, se la sono voluta, come la signora Maria Concetta Riina, per esempio, che è onesta ma nipote del capo dei capi e tanto basta, e come i familiari dei detenuti in regime di 41 bis costretti dal vetro divisorio a non stringere al petto la propria carne per decenni. E’ la morale di quanti incitano a buttare la chiave perché il carcere è l’unica soluzione che appaga il loro senso di giustizia e si girano dall’altra parte infastiditi dalle notizie da bollettino di guerra dei detenuti che si impiccano, colpevoli incalliti fino alla fine quando, penzolando imbarazzanti dal cappio di un lenzuolo, fanno l’ultimo, estremo dispetto allo Stato. E’ la morale degli Ingroia e dei Lumia che si sono caricati sulle spalle la vara di San Saro elevandolo a icona del galateo etico e campione della lotta alla corruzione e al malaffare e adesso si rifugiano tra le pieghe di mille distinguo, non pagando pegno per il disastro morale e politico al quale hanno prestato il fianco cavalcando incautamente un crocettismo che non hanno saputo imbrigliare. E’ la morale dei censori che imperversano in rete, tutti onesti e assetati del sangue della vittima di turno, sventolando la ragione di chi si nasconde dietro un nickename anonimo.  Mi sono detto che l’unica amica che non mi tradirà è la mia cara, fedele solitudine che mi tiene a distanza di sicurezza da questo mondo di…..onesti.

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