Commentare la crisi greca significa avventurarsi su un
terreno nel quale è difficile districarsi. La vicenda con i suoi connotati di
politica economica e finanziaria, è troppo complicata e insidiosa per tollerare
incursioni non pertinenti ed io che non sono un esperto, non ho la pretesa di
azzardare analisi di natura tecnica. Proverò piuttosto ad esprimere un punto di
vista che ha a che vedere con la sofferenza di un popolo che amiamo, il popolo
greco. So di dovere fare i conti con quanti sostengono che i greci hanno avuto
quello che si meritavano perché hanno vissuto al di sopra delle loro
possibilità e si sono indebitati senza avere gli strumenti per potere rientrare
dal debito, non una industria produttiva, non una politica che sapesse gestire
il welfare in modo ragionevole, non un programma di riforme che offrisse una
via d’uscita ad una condizione che precipitava verso il peggio. E so anche che non
è condivisibile l’indulgenza di quanti assolvono il popolo affermando che la
colpa è solo dei governanti e dimenticano che la democrazia si basa sulla
sovranità popolare, che il popolo è responsabile dei governanti che si è
scelti. Detto questo però, rimane il fatto che il popolo greco non ha potuto
esprimere la propria volontà al riparo dall’inganno, l’inganno dei suoi
governanti che hanno truccato le carte pur di farsi accettare nella casa
europea con conseguente sfascio del bilancio statale e dell’economia, e l’inganno
delle istituzioni europee che non hanno vigilato a sufficienza perché gli conveniva
non vigilare. La signora Merkel, impegnata a germanizzare l’Europa e piegarla
agli interessi del suo popolo e delle sue banche, era troppo intenta a cogliere
l’occasione propizia tollerando una finanza avida e cialtrona, per avere voglia
di imporre allora piuttosto che oggi, dopo che il danno è stato consumato
probabilmente in modo irreversibile, il rigore necessario a monitorare una
deriva che ha portato al disastro attuale. Quando in futuro si parlerà della
signora Merkel non si ricorderà certo la sua statura di statista ma la miopia
che ha guidato il suo istinto di massaia dedita al bilancio familiare. Il popolo greco ha poi dovuto fare i conti
con quello che ha ritenuto essere la soluzione ai suoi problemi, il signor Tsipras.
Un governante che con la riedizione del materialismo storico ha sfidato le
lezioni della Storia, che ha mentito al suo popolo promettendo quello che
sapeva di non potere mantenere, che ha contraddetto se stesso con una condotta
ondivaga prestandosi alle richieste dell’Europa e dei creditori dopo aver vinto
il referendum indetto proprio per farsi autorizzare ad opporre un rifiuto a
tali richieste e così ingannando ancora una volta il suo popolo, non può essere
la soluzione al problema. La DDR dall’economia collassata accolta a braccia
aperte dalla Repubblica Federale Tedesca, i Paesi ex comunisti che, dopo la
caduta dell’impero sovietico, si sono rifugiati sotto l’ombrello dell’Europa
unita ricevendone una pioggia di contributi, la stessa Germania di Adenauer che
ha goduto di un taglio del 60% del suo debito di guerra (la Grecia fu tra i
sottoscrittori), sono tutti esempi di una solidarietà europea che adesso viene
negata alla Grecia. Una costruzione così alta quale è quella pensata dai padri
fondatori dell’Europa unita, che ha dimostrato di essere in grado di garantire
decenni di pace e di stabilità, che contiene in sé valori che ci accomunano in
un uguale sentire e che dobbiamo ad una lontana provincia dove migliaia di anni
fa si gettavano le basi della moderna civiltà, non merita la miopia degli
egoismi nazionali. La Grecia è nostra sorella come lo è la Germania,
l’Ungheria, la Francia e quante altre, e abbandonarla a se stessa significa
rinunciare a un pezzo della nostra identità. Chi sa e può metta da parte la
pretesa delle proprie ragioni e sposi le ragioni di quel popolo meraviglioso, obbedendo
allo spirito di Antigone piuttosto che a quello di Creonte. I governanti greci
non sono degni del loro passato ma non è neppure degno permettere che nella
patria di Socrate e Platone dove è nata la civiltà occidentale, un popolo a noi
caro sia lasciato al proprio destino.
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