Nei commenti alla strage di Parigi ci
scopriamo attenti censori di noi stessi avvolgendo in pudiche
circonlocuzioni parole impronunciabili quali odio e guerra e
accostandoci ai vizi dell’Islam con cautela per non suscitare
l’accusa di islamofobia. Rimuoviamo la parola guerra perché
abbiamo archiviato da tempo l’idea di essa quale eventualità
probabile ed anche perché per fare la guerra bisogna essere in due e
l’Occidente non è disposto a rischiare i suoi figli sul campo. E
ci abbandoniamo a reazioni indignate se qualcuno inveisce contro i
terroristi chiamandoli islamici, protestando che islamico non è
sinonimo di terrorismo e che la causa del terrorismo non è dovuta
solo all’Islam ma anche, o forse soprattutto, a noi occidentali.
Soffriamo al contempo di un complesso di colpa e di protagonismo, una
sorta di razzismo a rovescio che nega agli altri la capacità di
peccare e attribuisce a noi una centralità da cui discendono i mali
del mondo, quasi che fossimo i soli capaci di libero arbitrio. Per
bocca dei soliti intellettualoidi affetti dalla sindrome di Tafazzi,
sussurriamo che, se l’Isis ci fa la guerra, è perché ce la
meritiamo, per gli errori che abbiamo collezionato nello scacchiere
mediorientale e per avere ghettizzato i magrebini nelle periferie
degradate delle città europee creando focolai di malcontento
destinati prima o poi ad esplodere, per esserci anche noi macchiati
in passato di efferatezze analoghe a quelle che rimproveriamo ai
nostri nemici. In effetti l’Occidente si è distinto nel recente
passato per la sua stoltezza, e le babele in Iraq, in Libia, in
Siria, il serbatoio di rancore delle banlieu parigine sono lì a
testimoniarlo, e c’è un passato di colonialismo che non ci fa
onore. Ma, a differenza del mondo al quale si rifà l’Isis, noi
europei abbiamo saputo insorgere contro i nostri errori rivelando una
coscienza che manca altrove. E’ la stessa coscienza che ci ingiunge
di affrontare con misericordia la migrazione massiccia proveniente
proprio dal mondo islamico, di cui è esempio il welfare illuminato
che accoglie i mussulmani nelle periferie belghe, dove,
ciononostante, è ugualmente fiorito il verminaio del terrorismo
europeo. E allora? Allora, senza tante acrobazie verbali e senza
farneticare sulle solite sciocchezze del politicamente corretto,
dobbiamo avere l’onestà di ammettere che il mondo islamico ha nel
suo bagaglio culturale la natura violenta della sua religione, una
natura che lo rende intollerante nei confronti del mondo occidentale,
una presunzione di superiorità morale che gli fa disprezzare i
costumi di questo mondo. E’ una identità comune a tutto l’Islam
senza distinzioni tra moderato e non, di cui sono prova le singolari
abitudini invalse in Iran e in Afganistan tradizionalmente
fondamentalisti, ma anche in Arabia Saudita e negli Emirati
considerati moderati, tutti ugualmente intransigenti, nei confronti
delle donne alle quali è negata la stessa dignità dell’uomo, nei
confronti della libera circolazione delle idee al punto che persino
la musica occidentale e le discoteche sono state abolite, nei
confronti delle adultere sottoposte alla lapidazione, e con una
coinvolgimento nella carneficina in corso di quelli di loro che
finanziano l’Isis. Questa identità i giovani mussulmani delle
nostre città se la portano appresso anche se sono diventati
cittadini europei già da diverse generazioni e, ispirati da essa,
detestano la terra che li ha accolti ma che non hanno mai accettato
come la loro patria. Ci considerano cattivi in quanto europei, per
l’identità di valori che rappresentiamo, e in quanto tali
meritevoli della guerra che ci portano, e parliamo di guerra a ragion
veduta perché, al di là delle connotazioni ideologiche e religiose
dell’Isis, ci troviamo a dovere fare i conti con una vera e propria
guerra con tutti gli interessi concreti tipici di un conflitto tra
potenze. E’però una guerra asimmetrica che noi ci rifiutiamo di
mettere a fuoco nella sua vera natura e combattere con efficacia,
avvitandoci nelle nostre contraddizioni. Mentiamo su ciò che
effettivamente sentiamo, censuriamo le nostre emozioni e le nostre
parole e scadiamo in un buonismo mieloso. Siamo assediati da
esternazioni demenziali che puzzano di falsità lontano un miglio
come: “Non vi farò il dono di odiarvi”, “Non cederemo alla
stessa ignoranza che vi ha reso ciò che siete”, “Non rinunceremo
alle nostre abitudini” etc., mentre invece viviamo nel terrore,
rischiamo di rinunciare alle nostre abitudini e sentiamo di detestare
con tutte le nostre forze chi attenta alla nostra civiltà, alla
cultura e ai diritti che ci siamo conquistati dai greci in poi.
L’ostilità che sentiamo non deve farci vergognare di noi perché
essa è uno strumento di difesa, perché è naturale detestare chi ci
vuole ridurre in schiavitù, obbedendo al nostro spirito di
sopravvivenza. Non è il caso di lasciarsi coinvolgere in una guerra
santa tra opposte confessioni, ma è il caso di combattere senza
falsi buonismi la crociata in difesa della nostra fede laica, della
legge degli uomini contro la legge di un Dio frutto della follia. E
allora, non rinunciamo alle nostre abitudini, continuiamo a vivere
come sappiamo, raschiamo dal fondo della nostra paura il coraggio
necessario ad affrontare una guerra di frontiera e, per carità, non
porgiamo l’altra guancia, ma soprattutto evitiamo di ingannare noi
stessi.
Lei però sembra confondere la religione con la cultura e le tradizioni dei musulmani. E dimentica che ogni religione ha i suoi testi che vanno interpretati e compresi nel contesto. Ci sono tanti italiani come me cresciuti anche come cattolici che hanno abbracciato l'Islam e non si riconoscono nella violenza portata avanti dai terroristi. Non è scontro tra religioni. Non ancora. I ragazzetti di Daesh a malapena conoscono il Corano. Non chiamarlo terrorismo islamico aiuterebbe a distinguere tra religione e fondamentalismi. Poi ammettere i propri errori non significa annullarsi. L'occidente, che ha varie componenti, ha le sue colpe.
RispondiEliminaHo scritto chiaramente cosa penso del rischio di lasciarsi coinvolgere in una guerra di religione e delle colpe dell'Occidente. Detto questo ribadisco la natura violenta dell'Islam. Che cosa è se non violenza non riconoscere all'uomo e alla donna il diritto di non credere o di aderire ad una fede diversa da quella dell'Islam e alla donna il diritto di affrancarsi dalla sua condizione di sottomissione?
EliminaNon so in base a quali conoscenze formuli le sue valutazioni però la seguo da tempo ormai e di certo non è tipo da ragionamenti che ci propinano certi politici o determinati talk show televisivi. L'Islam è arrivato proprio per affrancare la donna dalla condizione di sottomissione alla quale l'arretratezza culturale l'aveva relegata. Quando gli ebrei cacciavano di casa le mogli nei giorni del ciclo mensile picchiandole anche, il Corano ha stabilito semplicemente l'astensione da rapporti. Le donne musulmane nei Paesi governati da sharia mantengono il proprio cognome dopo il matrimonio a sottolinearne l'indipendenza. Diceva il profeta che il paradiso giace ai piedi della madre. La famigerata eredità che va nella misura di metà alla figlia rispetto al figlio maschio non è stata ideata perchè la donna vale la metà ma perchè il fratello deve a sua volta sposarsi a farsi carico di una famiglia. Poi se in Paesi arretrati queste regole vengono stravolte e strumentalizzate con padri che letteralmente vendono le figlie ai futuri mariti senza chiedere loro il consenso al matrimonio, il problema sta in quei regimi e anche nel ruolo che noi occidentali abbiamo contribuito a creare. Le punizioni corporali non vengono applicate per reprimere il singolo comportamento ma nella misura in cui questo ha creato scompiglio ad una comunità regolata dalla legge di Dio. Se l'apostata vive la sua scelta in privato senza secondi fini di sconvolgere l'ordinamento nazionale è liberissimo di cambiare religione. La proibizione dell'ascolto della musica ha la sua ragion d'essere nella distrazione che può creare nello studio del Corano o nel deviare da comportamenti equilibrati visti i testi che li accompagna. Certi governi ed entità come i talebani distorcono questo concetto in funzione anti-occidentale. I versetti che spesso vengono citati per sottolineare la natura violenta dell'Islam sono stati rivelati in determinati periodi storici e costituiscono la norma e le regole di ingaggio qualora siano riprodotte le condizioni che portarono il profeta e la sua gente alle guerre. I kafir o infedeli come tradotto in maniera superficiale sono considerati nemici in un contesto di guerra non in quanto non credenti. Dichiarare che la laicità è la soluzione a me pare un voler mettere un tappo al problema. L'Islam ha prodotto anche cultura e contributi alle scienze. I musulmani purtroppo non sempre seguono la religione. Mi scuso per essermi dilungata ed ovviamente le mie conoscenze sono limitate a studi che devo ancora approfondire però è con persone come lei che bisogna dialogare affinchè la parola integrazione abbia un senso e spesso si dimentica che tra i musulmani ci sono anche italiani "veri" se cosi' si può dire quindi il male non può essere insito nell'Islam. Buona giornata :-)
EliminaPremetto che non appartengo allo schieramento di coloro che detestano l'Islam. Ho scritto ( La mattanza di Parigi ) che l'Islam ha vissuto un passato splendido e ho salutato ( La pietà ) con favore la decisione della signora Merkel di accogliere i migranti sollecitando una politica di integrazione. Peraltro sono siciliano e convivo con le meravigliose vestigia lasciate dagli arabi, con i gusti e le ricette che ormai sono entrati a far parte della nostra cultura. Ma, detto questo, non posso fare a meno di confermare quello che ho scritto sulla natura dell'Islam. Faccio le mie valutazioni in base alla conoscenza del Corano e posso dire senza tema di smentita che il Corano predica una religione che nella sua lettura non lascia spazio a interpretazioni che non siano letterali. Le sembra normale e pacifico che siano previste punizioni corporali "per reprimere il singolo comportamento ma nella misura in cui questo ha creato scompiglio ad una comunità regolata dalla legge di Dio"? La legge di Dio? E perché non la legge degli uomini? E' secondo questa logica che "l'apostata ( che brutta parola! ) è liberissimo di cambiare religione se vive la sua scelta in privato senza secondi fini di sconvolgere l'ordinamento nazionale"? Proprio perché la religione è una questione personale che impegna solo il credente, non può riguardare lo Stato. Quali timori possono esserci per "l'ordinamento nazionale" se il credente professa la propria fede alla luce del sole, se non la preoccupazione dello Stato teocratico di soffocare il riconoscimento delle diversità, le pluralità e la libertà di pensiero? E l'ascolto della musica è deviazione del buon mussulmano dallo studio e dall'osservanza del Corano o non è invece cura dello spirito contro l'asservimento ad una legge che ottunde? Epoi c'è l'esegesi del Corano con le storpiature dei fondamentalisti e con le loro gesta infami con cui dobbiamo fare i conti. Ecco che allora diventa difficile distinguere tra Corano ed esegesi arbitraria. Infine non c'è dubbio che l'Islam ha prodotto cultura e contributi alla scienza e Averroé e Avicenna ne sono gli esempi ma non c'è dubbio neanche che essi hanno fatto della laicità un punto fermo. Cordialità
EliminaAdesso capisco meglio il suo punto di vista. L'Islam è un modo di vivere più che una semplice religione. Ogni singolo gesto trae la propria ispirazione dal Corano, dai detti del profeta e dalla storia islamica. Ecco perchè l'interpretazione letterale non può essere l'unica opzione. Ogni verso è stato rivelato in determinati periodi e contesti ad illustrare il comportamento da tenere . La religione islamica ha la sua espressione spirituale ma anche sociale, economica, politica e militare. Quando l'abbandono si riflette sugli altri aspetti e non è solo scelta personale allora la conversione religiosa è da considerare un attacco allo stato governato da un corpo di leggi che hanno le proprie radici nel testo sacro. E' sempre un piacere leggerla e scambiare idee con lei. Spero un giorno di incontrarla. Inshallah. Saluti.
RispondiEliminaE' un piacere anche per me. Un saluto sincero
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