Mentre il web in Sicilia tace il dr.
Ingroia esterna. Egli in alcune recenti interviste ha espresso il suo
rammarico per come andavano le cose nel mondo giudiziario quando
anche egli ne faceva parte e ancora adesso dopo che se ne è
allontanato. Ecco alcune parti delle dichiarazioni contenute in una
intervista rilasciata a “Il fatto quotidiano”: “L’eccesso di
attenzione mediatica alla fine ti storpia la vita… essere un
personaggio aumenta l’autostima. Fa piacere è anche umano. Ma
senza volerlo vieni trascinato a trasformarti in oggetto invece di
resistere come soggetto, a rischiare di essere dominato dalla scena
invece che dominarla”. E ancora: ”Oggi che sono avvocato noto ciò
che ieri non vedevo e cioè che sono germogliati troppi ideologi
dell’opportunismo a volte compartecipi di una notorietà e di un
potere che produce per loro utili ingiustificabili……, che si
offrono scalpi all’opinione pubblica, vittime sacrificali in
ragione di un’approssimazione colpevole….”. Alla buon’ora,
il dottore Ingroia è stato finalmente folgorato sulla via di Damasco
e ha ammesso che degli imputati in genere, e di certi imputati in
particolare, si è abusato. Come egli stesso afferma, la
spettacolarizzazione e, aggiungiamo noi, la lunghezza dei processi,
la gogna che anticipa la pena e la fa pagare in anticipo nelle forme
di pubblico disprezzo, la stessa pena certa tanto quanto è
approssimativa la colpevolezza, fagocitano la vita dei presunti rei e
la risputano in forma di poltiglia buona per le porcilaie. Sono le
patologie di una giustizia malata e fa piacere leggere che il dr.
Ingroia se ne sia reso conto e ne soffra sinceramente. Ma ci sorge un
dubbio quando leggiamo un’altra sua esternazione: “Non difenderò
mai mafiosi e corrotti!”. Evidentemente le incrostazioni del suo
essere stato Pubblico Ministero con gli eccessi che rimprovera ai
suoi ex colleghi, hanno lasciato il segno. Probabilmente gli riesce
difficile rassegnarsi all’idea che egli è ormai solo un avvocato e
come tale non può discriminare gli imputati secondo i suoi gusti
perché tutti gli imputati, per gravi che siano le loro imputazioni,
hanno diritto ad essere difesi. E’ un fatto di civiltà giuridica e
di deontologia. Purtroppo, nonostante egli abbia dichiarato: ”La
mia vita è una seconda vita nella quale metto a frutto gli errori
della prima.”, nonostante ormai avvocato e non più Pubblico
Ministero, continua a coltivare il malvezzo di considerare gli
imputati colpevoli più per la loro reputazione che per le loro
responsabilità, e si presta a “offrire scalpi all’opinione
pubblica” anticipando le sentenze di condanna fuori dall’aula di
un tribunale. Comprendiamo il suo desiderio di riguadagnare il centro
della scena, meno la sua concezione in materia di garanzie
fondamentali.
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