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venerdì 4 dicembre 2015

A volte ritornano

Mentre il web in Sicilia tace il dr. Ingroia esterna. Egli in alcune recenti interviste ha espresso il suo rammarico per come andavano le cose nel mondo giudiziario quando anche egli ne faceva parte e ancora adesso dopo che se ne è allontanato. Ecco alcune parti delle dichiarazioni contenute in una intervista rilasciata a “Il fatto quotidiano”: “L’eccesso di attenzione mediatica alla fine ti storpia la vita… essere un personaggio aumenta l’autostima. Fa piacere è anche umano. Ma senza volerlo vieni trascinato a trasformarti in oggetto invece di resistere come soggetto, a rischiare di essere dominato dalla scena invece che dominarla”. E ancora: ”Oggi che sono avvocato noto ciò che ieri non vedevo e cioè che sono germogliati troppi ideologi dell’opportunismo a volte compartecipi di una notorietà e di un potere che produce per loro utili ingiustificabili……, che si offrono scalpi all’opinione pubblica, vittime sacrificali in ragione di un’approssimazione colpevole….”. Alla buon’ora, il dottore Ingroia è stato finalmente folgorato sulla via di Damasco e ha ammesso che degli imputati in genere, e di certi imputati in particolare, si è abusato. Come egli stesso afferma, la spettacolarizzazione e, aggiungiamo noi, la lunghezza dei processi, la gogna che anticipa la pena e la fa pagare in anticipo nelle forme di pubblico disprezzo, la stessa pena certa tanto quanto è approssimativa la colpevolezza, fagocitano la vita dei presunti rei e la risputano in forma di poltiglia buona per le porcilaie. Sono le patologie di una giustizia malata e fa piacere leggere che il dr. Ingroia se ne sia reso conto e ne soffra sinceramente. Ma ci sorge un dubbio quando leggiamo un’altra sua esternazione: “Non difenderò mai mafiosi e corrotti!”. Evidentemente le incrostazioni del suo essere stato Pubblico Ministero con gli eccessi che rimprovera ai suoi ex colleghi, hanno lasciato il segno. Probabilmente gli riesce difficile rassegnarsi all’idea che egli è ormai solo un avvocato e come tale non può discriminare gli imputati secondo i suoi gusti perché tutti gli imputati, per gravi che siano le loro imputazioni, hanno diritto ad essere difesi. E’ un fatto di civiltà giuridica e di deontologia. Purtroppo, nonostante egli abbia dichiarato: ”La mia vita è una seconda vita nella quale metto a frutto gli errori della prima.”, nonostante ormai avvocato e non più Pubblico Ministero, continua a coltivare il malvezzo di considerare gli imputati colpevoli più per la loro reputazione che per le loro responsabilità, e si presta a “offrire scalpi all’opinione pubblica” anticipando le sentenze di condanna fuori dall’aula di un tribunale. Comprendiamo il suo desiderio di riguadagnare il centro della scena, meno la sua concezione in materia di garanzie fondamentali.  

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