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giovedì 10 dicembre 2015

Becero, perché no?

A conclusione del talk show “Virus” di qualche sera fa, il fisico Carlo Rovelli, ospite della trasmissione, ha dato a Porro del becero per il taglio, a suo avviso scorretto, dato dal conduttore alla trasmissione. Porro ha risposto da par suo ma a me non è bastato. Debbo dirlo senza perifrasi, sono incazzato contro la tendenza al politicamente corretto che assolve l’Islam dalle sue colpe e considera i musulmani vittime dell’Occidente. L’Occidente ha commesso i suoi errori ma i musulmani sono vittime soprattutto di se stessi tanto è che la mattanza maggiore è quella che si scambiano i Sunniti e gli Sciiti, e dare del becero con la pretesa che bisogna porsi col cappello in mano nei confronti dell’Islam, è un modo fuorviante di affrontare il problema. Un conto è il dialogo, un altro conto è cospargerci il capo di cenere e andare a Canossa autoaccusandoci di errori che sono solo frutto dei nostri complessi di colpa e inducendo i nostri amici musulmani a equivocare sulle nostre debolezze. Se scegliere Voltaire rispetto all’oscurantismo, non accettare la religione di conquista che pretende di possedere una sua superiorità rispetto ad altre confessioni religiose e guarda con disprezzo alle altrui fedi, non accettare che la religione si mischi alla politica e il culto alla vita civile generando forme di teocrazia e dunque che la religione sia istituzionalizzata e imposta ad un’intera società come avviene in alcuni Stati arabi, non accettare che la professione di fede si trasformi in consegna della propria anima a odiose derive religiose, significa essere becero, ebbene io mi dichiaro becero. Discutendo con amici liberal, mi sono sentito rimproverare affettuosamente per avere espresso questo mio punto di vista. Mi hanno contestato che esiste un islamismo fatto di persone normalissime ( ci mancherebbe altro ), di amici con cui si possono intrattenere rapporti civilissimi e di cui ci si può fidare come e più di altri amici di fede diversa. Mi hanno parlato di professionisti, di artigiani, di giovani e meno giovani con cui condividono piacevoli serate, parlando del più e del meno senza che mai faccia velo la diversità di fede e con un approccio tollerante dell’uno nei confronti dell’altro. E’ vero, io stesso conosco queste persone degnissime e già parlarne come se fossero una eccezione che stupisce, le offende. Però, c’è un però. C’è che quando, dialogando con i miei amici musulmani, sento elogiare la normalità del Corano nelle parti in cui esso recita che le punizioni corporali sono inflitte solo a chi crea scompiglio ad una comunità regolata dalla legge di Dio, in cui recita che l’apostata deve vivere in privato la sua nuova fede per evitare di sconvolgere l’ordinamento nazionale, in cui recita che la proibizione della musica serve ad evitare distrazioni dallo studio del Corano e deviazioni da comportamenti equilibrati, realizzo con preoccupazione che il mondo musulmano ruota esclusivamente attorno alla dimensione religiosa al cui dogma è sottomessa la coscienza dell’individuo (e sennò si rischia addirittura di “sconvolgere l’ordinamento nazionale”), e mi cadono le braccia se tutto ciò è ritenuto normale da persone di cui non si può sospettare nulla che non sia ragionevole e che ti appaiono come normalissimi amici della porta accanto. Proprio questi amici di cui ammiriamo lo spiccato senso civico, la pacatezza delle argomentazioni e i costumi comuni a qualsiasi cittadino europeo, trovano normale rinunciare alla propria identità e alla propria libertà di pensiero. In un clima simile può accadere che giovani fermi nella convinzione di possedere la verità definitiva, infettati dal virus della follia jihadista, strumentalizzati e mandati al massacro da chi ha un progetto politico ben chiaro, decidano di punire gli infedeli o i non ortodossi e di condurre la loro guerra santa soprattutto al loro interno ( tra Sciiti e Sunniti ) ma anche fuori dai loro confini, nei confronti dei cristiani imbelli che disprezzano. E’ allora che l’amico della porta accanto diventa il nemico della porta accanto. Quante volte ci siamo chiesti come sia potuto accadere che persone che non avremmo mai sospettato si siano trasformate in mostri? E’ un fatto che, come ha scritto Oriana Fallaci citando il saudita Abel Rahman al Rashed, non tutti gli islamici sono terroristi ma tutti i terroristi sono islamici. Ci sarà un motivo. Il motivo è che nella loro storia ai nostri amici musulmani è mancato un passaggio fondamentale della loro formazione, sono mancati i valori dell’Illuminismo che duecento anni fa hanno dato all’individuo la coscienza di sé e dei propri diritti fondamentali, e che questi nostri amici scontano un ritardo di duecento anni. Questo non ci autorizza a delirare straparlando di guerre di religione e di imbecilli pretese di noi occidentali di esportare la democrazia, proprio noi che abbiamo da farci perdonare le coglionate che abbiamo fatto nel corso dei secoli proprio nei confronti dell’Islam e continuiamo a fare ancora ai giorni nostri in nome del petrolio (riforniamo l’Isis persino di armi!). Ma non ci autorizza neanche a rifugiarci in un buonismo che serve a esorcizzare i nostri sensi di colpa e perde di vista la vera natura del problema consegnandoci ad un masochismo velleitario e carico di conseguenze suicide. Dobbiamo combattere la nostra battaglia in difesa della nostra civiltà con approccio laico, senza autoassoluzioni ma anche senza arrenderci alle colpe degli altri, e dobbiamo combatterla con a fianco gli amici musulmani della porta accanto che hanno a cuore i diritti che si sono conquistati assieme a noi, che debbono avere un ruolo fondamentale nel disinnescare senza esitazioni e manifestazioni di vittimismo peloso (lamentano le difficoltà di trovare spazi al loro credo in un Occidente che invece è tollerante e che anzi a volte si abbandona a forme di piaggeria servile, mentre invece negli Stati islamici i cristiani sono perseguitati) l’integralismo dei loro correligionari e debbono dialogare con noi per costruire un avvenire fatto di confronto civile anziché di conflitto sanguinoso.

1 commento:

  1. il musulmano della porta accanto diventa un nemico quando è travolto dall'ignoranza, dalla frustrazione, dal disagio sociale. Quando viene ghettizzato o lui da solo si ghettizza E' lo stesso percorso compiuto dai ragazzini napoletani o siciliani assorbiti dalle realtà criminali che caratterizzano i loro territori. Per loro però si è creato una specie di circo fatto di società civile e antimafia di facciata ormai diventati un business. Perchè non si parla di buonismo anche a questo riguardo ma si cerca di comprendere ? Solo perchè non hanno una ideologia o una religione estranea alle "nostre radici cristiane" e al presepe, che anzi sono parte integrante del tessuto criminale con certi rituali come l'inchino e la bibbia sul comodino ?

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