Addio alla pietà
Stamattina trecento esseri umani hanno bussato alla mia
coscienza di europeo cristiano ed erede dei lumi e mi hanno chiesto notizie a
proposito dei diritti umani. Ho avvertito la sgradevole sensazione di avere
coltivato un mito senza misericordia e di essere retrocesso nel limbo degli
impotenti costretti a prendere atto della propria inadeguatezza.
Trecento morti alle porte di casa nostra sono una sconfitta
per ciascuno di noi ma sono soprattutto una sconfitta per la civilissima Europa
orgogliosa delle sue conquiste nelle dorate contrade della sua opulenza, chiusa
nei recinti del suo egoismo, che bacchetta con farisaica prosopopea l’Italia
per le sue infrazioni ai canoni del bon ton europeo, ma lascia questa stessa
Italia sola alle prese con l’orda di infelici che assediano i confini a sud
della Sicilia dimenticando che sono confini europei.
Non salgo sul pulpito starnazzando con aria scandalizzata,
perché sono il primo a chiedermi che cosa ho fatto per questi miei simili più
sfortunati e a riconoscere la mia incapacità. L’unica capacità che ho è quella
di percepire un senso di colpa e di chiedere conto a chi ha il dovere e gli
strumenti per prevenire una simile tragedia, del perché non lo ha fatto. Centinaia di disperati alla
mercé di pochi scafisti incompetenti e senza scrupoli sono una realtà
ricorrente e nota a tutti, come è possibile che nessuno abbia in qualche modo
posto rimedio a questa insensatezza ed evitato tragedie annunciate?
So che i migranti che riescono ad approdare sulle nostre
coste, finiscono per confluire e fermarsi per la maggior parte nei Paesi del
nord Europa dove trovano una sistemazione più dignitosa rispetto a quella
offerta dall’Italia, ma questo riguarda l’eccellenza organizzativa e il welfare
di quei Paesi, non il loro cuore che con pilatesca indifferenza resta sordo
alle tragedie che si consumano alla periferia d’Europa. Con queste tragedie si
misura la sensibilità e la generosità della nostra gente che incrocia il
proprio destino con quello di sconosciuti e conosce una sofferenza che non gli
appartiene ma che fa sua, impegnandosi a fianco di uomini e donne sventurati
nella battaglia per contendere la vita alla morte e piangendo calde lacrime
quando deve arrendersi alla morte.
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