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venerdì 3 giugno 2011

Il senso della vittoria


Il risultato delle elezioni amministrative ha dato la stura alla reazione dei vincitori espressa in maniera unanimemente gioiosa, come è naturale, ma con una gradazione di toni che vanno dalla sobrietà al più sfrenato trionfalismo che evoca scenari impropri. Si va dalla composta reazione di Pisapia al campionario dei proclami di quanti scomodano le categorie dell’etica e dell’estetica per connotare risultati che in definitiva hanno deciso solo a chi assegnare il compito di amministrare delle città, seppure impegnative, di quanti si avventurano in improbabili celebrazioni del valore epocale di queste elezioni, sproloquiando di una sorta di palingenesi che avrebbe visto trionfare il bene sul male. Il lupo perde il pelo ma non il vizio e la sinistra, come al solito, la mette sulla superiorità morale della propria parte. C’è chi parla di espugnazione di Milano e di vittoria dell’Italia dell’eleganza tradendo il vizio d’origine di una certa sinistra rivoluzionaria e salottiera che, per quanto cerchi di ammantarsi con i panni della sobrietà, alla prima occasione non sa resistere ai propri istinti. C’è chi, bandana in testa, non riesce a tenere a freno gli impulsi giacobini che lo hanno visto protagonista di una stagione di manette facili e ne vuole rinnovare i fasti. Il mio edicolante, comunista della prima ora ma soprattutto antiberlusconiano, mi ha confessato che ha avuto un orgasmo provocato dalla sconfitta del Cavaliere che ha mandato in corto circuito i suoi ormoni. Gli ho chiesto come farà a dare impulso ai suoi appetiti sessuali allorché gli mancherà il motore della sua passione, il malconcio Berlusconi prossimo a togliere il disturbo.
Capisco che la sinistra viene da un lungo periodo di carestia e non riesce a tenere a freno la tentazione di strafare e straparlare ma deve provare a ragionare memore della lezione del passato quando i facili entusiasmi e la demonizzazione dell’avversario sono stati gli ingredienti che hanno aiutato Berlusconi a vincere, avendo ben chiara la consapevolezza che un risultato favorevole non significa che si è messa in moto alcuna macchina da guerra che peraltro evoca pesanti sconfitte, facendo tesoro del regalo fattogli da una destra suicida e non avendo troppa fretta di ricambiare la cortesia ripetendo gli errori del passato. In definitiva i risultati di queste amministrative sono il frutto del disgusto degli elettori tradizionali del centro destra che hanno disertato massicciamente le urne, della passione degli elettori di sinistra e della rabbia di alcuni elettori di destra che si sono sentiti traditi e hanno provato ad affidare le loro speranze ad una scelta diversa, sono il messaggio di cittadini che hanno affrancato i loro sogni dal legame con i referenti tradizionali e li hanno fatti coincidere con candidati che apparivano fuori dai consueti logori schemi. I partiti non hanno motivo di stare allegri, tutti, a destra come a sinistra, sono stati battuti perché i voti sono stati solo un’offerta votiva all’icona rappresentata dal candidato e la personalizzazione della politica, tanto criticata con Berlusconi, ha avuto una clamorosa conferma. I professionisti della politica hanno motivo di riflettere sulle prospettive di uno scenario in cui figure essenziali della nostra democrazia come i partiti rischiano di non essere più il riferimento dell’elettore. Allora si che dovremo fare i conti con il populismo!

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