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giovedì 23 giugno 2011

L’irriducibile Don Chisciotte

Stavolta Pannella rischia veramente troppo. Il suo sciopero della fame e della sete lo sta portando sull’orlo di una via senza ritorno. E fa rabbia perché non c’è niente che meriti tanto impegno tranne la sua idealità. Fa male Pierluigi Battista a dire che, per quanto siano giusti i fini del leader radicale, i suoi metodi possono suscitare qualche presa di distanza. Perché? Forse perché il radicalismo di Pannella urtica qualche palato fino che non tollera che egli forzi i toni per dare l’idea dell’ipocrisia di tanti sepolcri imbiancati? Forse che il problema consiste nel fatto che Pannella si appunta la stella di David sul bavero paragonando l’ostracismo televisivo al quale sono sottoposti i radicali, alla Shoah, o considera la nostra democrazia alla stregua del nazismo? Siamo tutti abbastanza cresciuti per capire il senso di una provocazione e non è il caso che proprio un Sofri, che meglio degli altri conosce il valore della battaglia di Pannella contro il sovraffollamento nelle carceri, si scandalizzi per i suoi toni, non c’è certo il rischio che le esagerazioni di Pannella ci portino fuori strada. Magari ci scandalizzassimo a tal punto da prendere veramente coscienza di che cosa sta portando avanti Pannella! Abbiamo coscienza di che cosa stiamo parlando? Abbiamo la più pallida idea di quali sono le condizioni di vita alle quali sono sottoposti, a due passi da casa nostra, nostri simili? E’ di questi giorni una campagna promossa dalla Presidenza del Consiglio contro la tortura, ebbene non c’è bisogno di andare troppo lontano per fornire un esempio di tortura. Se vogliamo ricevere un bel colpo al basso ventre e vomitare per il disgusto, non c’è bisogno di ricorrere alle esagerazioni di Pannella o volare nelle alate atmosfere dello spot della Presidenza del Consiglio, basta molto più prosaicamente farsi accompagnare in un giro istruttivo negli istituti di pena di casa nostra dove il doppio della popolazione detenuta che le carceri dovrebbero contenere si affolla come in una stia, dove uomini come noi vivono come animali contendendo ai propri simili lo spazio di pochi metri, respirando l’aria viziata, gli odori, le flatulenze, le intimità più sconce della natura umana. Privati di un minimo di intimità che fa la differenza con le bestie, dispongono solo 2 ore al giorno per passeggiare nel cortile e, per le restanti 22 ore, sono murati tra quattro pareti dentro le quali bivaccano nelle brande, attenti a muoversi con cautela per evitare invasioni di campo che nel clima esasperato di una convivenza in così poco spazio possono sfociare in liti, costretti a misurarsi col caldo d'estate, col freddo d'inverno e con la sporcizia sempre, visto che la possibilità di una doccia è spesso limitata ad una a settimana. Manca il rispetto, quel rispetto che Kant ha definito la premessa della virtù e che è dovuto anche a uomini che meritano la più grave delle pene, senza il quale viene meno la legittimazione dello Stato, privo della virtù necessaria, a pretendere la severità della pena. In queste condizioni matura quello che Freud chiamò “pensiero onirico latente”, il suicidio.
Quanti, i giustizialisti, dichiarano che il tintinnio delle manette è sensazione sublime, quanti, i garantisti a scartamento ridotto, si inalberano solo quando è toccata la propria parte, quanti, gli indifferenti, pur di non turbare la loro tranquilla quotidianità, rimuovono il problema confinandolo nell’angolo più profondo della loro coscienza e ignorano drammi che maturano a pochi passi da loro, quanti, i nostri politici, non avvertono il pudore dei loro limiti e non ci risparmiano l’indecenza di vuoti proclami persino nei confronti di un dramma come questo, quanti, i giornalisti, così pronti ad appiattirsi sulle posizioni della pubblica accusa e ad enfatizzare solo la figura del colpevole da sbattere in prima pagina senza alcun rispetto per la verità dell’imputato, non sono capaci di intestarsi battaglie di civiltà a fianco di Pannella, tutti devono sapere che sono complici della tortura che viene inflitta a uomini come loro, colpevoli forse più di loro ( ma non è detto visto che la maggior parte dei detenuti è in attesa di giudizio e dunque formalmente innocente ), ma che, pur scontando la loro pena, quando è dovuta, la debbono scontare in condizioni di dignità. E allora non è proprio il caso di scandalizzarsi per le esagerazioni di Pannella, c’è semmai da rammaricarsi che un uomo come lui, con la sua nobile follia, riscatti una società che non merita rispetto perché non è capace di essere virtuosa.

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