La nostra immagine nel ridicolo
Appare chiaro ormai che il nostro Presidente del Consiglio ha perduto la trebisonda e non ha più la capacità di capire che cosa va fatto o no per evitare di cadere nel ridicolo. La sua ultima performance alla recente riunione del G8 ce ne ha dato la prova inequivocabile e dolorosa. Dolorosa perché ad essere tirati in ballo siamo tutti noi italiani meritevoli certo del discredito che ci deriva dalle nostre scelte ma non fino al punto da essere trascinati oltre il limite della decenza. E invece quel limite è stato superato quando Berlusconi, incassato il rifiuto di un summit a due con Obama , ha imposto al presidente statunitense un placcaggio irrituale nelle forme e nella sostanza. Che immagine penosa vedere il nostro Presidente poggiare la mano sulla spalla dell’indifferente Obama che si apprestava a sedersi al tavolo dei lavori, con un gesto confidenziale chiaramente non propiziato dalle circostanze, e improvvisare con la sua imbarazzata e stupita vittima la solita sceneggiata dei suoi travagli giudiziari e di come la magistratura italiana tenga sotto scacco la democrazia in Italia!
Non siamo un paese di prima grandezza nel panorama mondiale seppure sediamo in un sinedrio ristretto quale il G8, ma anche la nostra ininfluente dimensione può essere portata avanti con una dignità che ci faccia guadagnare rispetto. D’altronde siamo pur sempre il Paese di Dante e di Leonardo, di un Rinascimento che ha lasciato una eredità irripetibile al mondo, un Paese che ancora oggi nel campo dell’arte e della scienza fornisce esempi pregevoli, che è capace di esprimere individualità come Marchionne ed altri che conquistano in giro per il mondo simpatia e ammirazione, che con le sue forze armate si sta guadagnando il rispetto degli alleati, che è la patria di meravigliose realtà solidali attive negli angoli più sperduti del mondo.
E’ lo stesso Paese che però su altri versanti è alla deriva, responsabile di una politica schizofrenica e di imbarazzanti governanti al pari di rissosi e inconcludenti oppositori, di una pletora di Masaniello al Nord come al Sud che danno al Paese un aspetto da repubblica delle banane, di una giustizia strabica e non funzionante, di una magistratura che desta perplessità, di una corruzione dilagante, di una criminalità diffusa e invasiva, di una incapacità cronica di semplificare i problemi e di un’altrettanta capacità di ideologizzare i propri vizi. Pur così malandato rimane comunque il nostro Paese al quale dobbiamo rispetto e carità di patria e che non merita certo l’imbarazzo che gli procura il nostro Presidente del Consiglio tutte le volte che partecipa a riunioni internazionali e non perde occasione per farla fuori dall’orinale, snobbato dagli altri partecipanti che dialogano alla pari tra di loro con l’aria di chiedersi chi è quell’intruso provinciale che cerca a tutti i costi di attirare l’attenzione.
Al Presidente del Consiglio che approfitta dei consessi internazionali per lavare i panni sporchi fuori dalla famiglia lamentandosi dei pericoli che incombono in Italia per colpa dei magistrati, quasi a sollevare un’emergenza sulla quale chiedere la vigilanza della comunità internazionale, domandiamo dove sia stato negli ultimi 15 anni e che cosa gli ha impedito di portare a compimento quella riforma della giustizia che gli sta tanto a cuore e della cui mancata realizzazione siamo noi comuni cittadini non protetti da alcun ombrello a chiedergli conto per primi.
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