Non voglio deludere l’egregio Bolzoni che chiude un suo articolo su di me prefigurando una mia replica. Se voleva provocarmi c’è riuscito e gli rispondo a tempo di record che egli è un buontempone che fa della dietrologia a buon mercato senza tanti riguardi per la verità e la vita del prossimo. Cominciamo col precisare che non sono io a dire d’essere stato amico e socio del sen. Schifani, lo dicono un video in cui il presidente del senato appare al mio matrimonio e gli atti della Sicula Brokers da cui risulta che siamo stati soci in quell’azienda. Andiamo ai presunti messaggi in codice che, secondo Bolzoni, io lancerei al sen. Schifani “tormentato dal mio blog”. Tutto perché ho pubblicato un articolo intitolato “Le anime belle” in cui ironicamente faccio le pulci a un certo costume dell’usa e getta praticato dalla politica italiana. Ma quell’articolo, caro il mio Bolzoni, si riferiva alla vicenda dell’on. Cuffaro per anni amico e compagno di partito dell’on. Casini, da questi liquidato con l’epiteto di personaggio scomodo. Il principe che “dai palazzi dorati romani ha suonato il flauto” è l’on. Casini e “l’uomo accorto che ha fatto dell’astuzia la bussola con cui navigare nelle infide acque della politica siciliana” e tuttavia “ si è fatto colonizzare e cannibalizzare” è l’on. Cuffaro facilmente individuabile per l’esortazione rivoltagli a “scegliere con più attenzione chi vasare”e per le “maratone vasatorie” cui faccio cenno nell’articolo.
Se dunque il mio articolo ha come protagonista l’on. Cuffaro, come appare evidente, che c’entra il presidente del senato e quali messaggi cifrati gli starei mandando? Sono io che mi domando (una volta tanto anche io voglio fare della dietrologia) dove vuole andare a parare il sig. Bolzoni. A quale scopo egli vuole montare una vicenda torbida parlando di “dispacci , segnali e messaggi in codice “ riferiti ad un articolo innocente che si occupa di altri personaggi ma non certo del presidente del senato? Potremmo dire che è affar suo se egli non coinvolgesse con il suo pressappochismo un’alta carica dello Stato e un povero diavolo come me che vuole vivere il crepuscolo della sua vita dicendo innocentemente la sua senza avere la pretesa di “mandare pensieri e messaggi al mondo intero”, ma anche senza doversi preoccupare di essere intercettato da menti raffinate che travisano quello che scrivo e censurano il fatto che “intervengo su ogni questione”.
Invece di censurarmi, il sig. Bolzoni entri nel merito di quello che scrivo e su di esso confrontiamoci pure. Ma per favore eviti di incorrere nei soliti luoghi comuni sulle inquietanti astuzie del solito mafioso e se ha un minimo di onestà racconti come stanno le cose, racconti che, se è vero che sono stato condannato in primo grado a 8 anni per associazione mafiosa, non vuol dire che sono mafioso perché ancora non c’è una sentenza definitiva, che sono stato anche assolto in due altri processi con formula piena, che sono sulla graticola di una vicenda giudiziaria, che solo quest’anno è giunta al grado d’appello, da ben 12 anni durante i quali ho scontato 6 anni di carcere
preventivo che potrebbero rivelarsi una terribile crudeltà se fossi assolto, che ho dovuto subire l’assalto di una stampa appiattita acriticamente sulle posizione della pubblica accusa e mi ha sottoposto ad un’autentica gogna consegnandomi alla categoria degli uomini abietti, nonostante mi spetti la presunzione d’innocenza. Non pretendo di essere un novello Jean Calas nè mi aspetto che il sig. Bolzoni abbia la levatura di un Voltaire, mi aspetto, ripeto, che almeno dica come stanno le cose invece di rammaricarsi perchè sono a piede libero.
Come molti suoi colleghi egli procede per stereotipi e quando scopre che dietro l’icona mafiosa costruita dalla stampa c’è un uomo diverso da quello preconfezionato, invece di prenderne atto, ironizza sulla voglia che quest’uomo ha di offrire al mondo l’unica immagine di se che gli appartiene attraverso il solo strumento di cui dispone, la parola, e lo irride scrivendo che “sta consumando la sua vendetta mandando pensieri e messaggi al mondo intero, è particolarmente loquace e parla e chiacchera come non usa in quell’ambiente”. Come usa in quell’ambiente, sig. Bolzoni? Me lo dica lei perché io non lo so.
Da una giornalista con la quale ho avuto un colloquio mi sono sentito dire che è opinione diffusa che se in una famiglia (intendo famiglia di sangue) c’è un mafioso, sono mafiosi anche i restanti componenti della famiglia. Siamo, come si vede, alla logica tribale che vuole che le responsabilità del singolo siano estese a tutti i membri della tribù, e nel mio caso vuole che, per una sorta di riflesso condizionato, il nome di mio figlio sia una specie di campanello che fa venire l’acquolina in bocca al cane di Pavlov, che le sue responsabilità siano le mie, che, se mio figlio è mafioso, lo sono anche io e se egli ha compiuto dei reati, io non potevo non sapere o addirittura condividere.
Insomma io sarei oltre che il padre di mio figlio anche il padre delle sue condotte perché, come dicono i pentiti che mi accusano, è normale che sia così. Voglio ricordare infine al sig. Bolzoni che, se è vero quanto egli sostiene, e cioè che i Pubblici Ministeri sono convinti “che sia io a comandare ai confini orientali di Palermo”, questa è l’opinione dell’accusa non la verità, anche se io sono convinto che i Pubblici Ministeri sanno che vita conduco e che sono alle prese con il problema di arrivare, come tutti i pensionati, alla fine del mese, altro che gestire grossi affari di mafia!
Chiudo constatando con amarezza la pervicacia con la quale si continua ad alimentare il mito dell’icona mafiosa da dare in pasto all’opinione pubblica definendomi “personaggio chiave di tutta l’indagine di mafia” e pretendendo di attribuirmi ruoli che non ho e segreti che non custodisco.
Mi dispiace deludere le aspettative del sig. Bolzoni ma sono veramente quello che appaio e se lui vuole dare corpo alle sue fantasie deve rivolgersi altrove.
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