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martedì 3 novembre 2009

Il medico del centro storico

Lo incontriamo io e mia moglie, anzi vi inciampiamo mentre col naso all’insù e la macchina fotografica a tracolla, ispeziona cornicioni da inquadrare. Si scusa e ci osserva con aria incuriosita non resistendo, forse perché intenerito dalla nostra aria spaesata, alla tentazione di chiederci se può esserci utile.
Gli diciamo che si, che ci può essere utile perché abbiamo bisogno di sapere come raggiungere P.zza Garraffello nel dedalo di viuzze nelle quali ci siamo perduti. Si illumina e, con il figlio soddisfatto di chi ha la possibilità di rendersi utile e può sfoggiare la sua cultura su Palermo, ci fornisce le indicazioni richieste.
Anzi ne approfitta per illustrarci la piazza, descriverci i palazzi che la incorniciano e in particolare palazzo Mazzarino dove è nato il famoso cardinale. E si perché, ci dice, Mazzarino è nato a Palermo anche se la maggior parte dei palermitani non lo sa.
E’ un fiume in piena e con lo sguardo grato rivolto a noi che lo ascoltiamo con interesse (intanto abbiamo scoperto che è un medico con la passione per Palermo antica dei cui scorci va a caccia con la sua Laika) ci erudisce con notizie che ci stupiscono.
Ci informa che i mandamenti (non quelli mafiosi) del centro storico di Palermo costituiscono un tessuto urbano tra i più estesi del mondo, sciorinando una serie di notizie sul patrimonio artistico nascosto tra le viscere dei palazzi nobiliari e nelle chiese, imprecando contro gli “americani” per lo scempio che hanno compiuto con i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale e contro l’inerzia delle istituzioni che hanno lasciato Palermo, unico sciagurato esempio al mondo, sfregiata e con i palazzi sventrati anche dopo 65 anni dalla fine della guerra. Si commuove il nostro medico mentre volge lo sguardo attorno osservando le viuzze degradate e maleodoranti con un misto di pietà e d’amore e rammaricandosi che i palermitani abbiano tollerato ferite alla loro città tanto a lungo e con tanta insipienza. Ci guarda e, quasi scusandosi, cerca di dare una spiegazione alla sua rabbia, ci dice: “ Amo la mia città, la più bella al mondo, e non sopporto che di essa si deplorino le piaghe consuete e si trascuri di cantarne lo splendore offuscato dall’incuria dei suoi figli “.
Il suo amore ci commuove e ci ripaga della altezzosità di quanti prendono le distanze da Palermo riservando ad essa giudizi feroci appollaiati sul trespolo della loro pretesa superiorità morale.

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