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lunedì 25 novembre 2013

Fiducia nello Stato

Ci sono mille motivi per non coltivare più illusioni su questa Italia. Ciascuno ha sicuramente un suo cahier de doléances da sfogliare e magari ci rinuncia vinto dalla rassegnazione.
Ed è proprio un sentimento di rassegnazione quello che ho percepito nelle parole di un mio ex compagno di detenzione col quale mi sono incontrato pochi giorni fa.
Mi ha raccontato di essere stato scarcerato perché riconosciuto innocente dall’accusa di omicidio, dopo avere scontato parecchi anni di detenzione e la gogna mediatica cui il clamore della vicenda e la notorietà del suo nome lo hanno esposto.
Si lamentava della disinvoltura con cui era stata sostenuta l’accusa, del carcere scontato, della cattiveria dell’opinione pubblica pronta a trasformarsi in carnefice, ma soprattutto si lamentava della lunghezza del processo.
Il mio ex compagno ha una sua cultura che ha avuto il tempo di maturare in carcere e mi ha impartito con competenza una lezione di diritto. Mi ha parlato di Beccaria e di come l’illustre giurista sostenesse che una sentenza, perché sia giusta, deve avere il requisito dell’immediatezza, affinché appaia evidente il rapporto di causa ed effetto tra reato e pena. Mi ha parlato di Veronesi e di come questi affermi che, dopo anni, l’uomo non è più lo stesso uomo di prima perché col tempo egli ha modificato il suo cervello e con esso il suo modo di pensare e di sentire, che per questo motivo una sentenza che tarda ad arrivare finisce per colpire un uomo completamente diverso dall’imputato originario ed ormai estraneo al processo.
Lamentava che i limiti previsti dalla legge per arginare la lunghezza del processo non valgono per tutti nella stessa misura. Si rammaricava il mio colto ex compagno, di come il nostro stupefacente Stato riesca a contraddire sé stesso e i principi costituzionali su cui si fonda, di come  la legge non è uguale per tutti e si incammina su binari diversi a seconda del suo destinatario. C’è, per esempio, il binario della prescrizione per gli imputati comuni, che si arresterà nella stazione che l’inefficienza dello Stato gli assegnerà, e c’è un binario al quale l’inefficienza statale non assegnerà mai alcuna stazione dove fermarsi e che si snoderà all’infinito attraverso le vite degli imputati di serie inferiore per i quali il diritto viene sospeso, il binario che nega la prescrizione ai reietti titolari di imputazioni mafiose.
Per questi il tempo non scade mai, di questi lo Stato terrà sotto scacco la vita impunemente e infinitamente, condannandoli non alla pena per le loro colpe ma al purgatorio per la propria insulsaggine. Con tanti saluti per l’art. 3 della Costituzione.
Appariva veramente provato il mio ex compagno e, ringhiando di rabbia, mi ha sibilato di non volere più riconoscere a questo Stato che gli ha fatto un torto irreparabile, a questo Leviatano indecente e illegittimo ( si è espresso proprio così ), il diritto di svolgere per suo conto le funzioni di rappresentanza e di garanzia, di volersi dimettersi da italiano e cercare altrove una nuova patria nella quale rifugiarsi.

L’ho visto allontanarsi curvo sotto il peso di ricordi che non lo abbandoneranno mai eppure ancora capace di sognare, e ho invidiato la sua innocenza, io che ho perduto ormai da tempo la capacità di coltivare illusioni. 

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