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mercoledì 6 novembre 2013

Don Rigoldi

Don Gino Rigoldi è un personaggio che non si discute. La sua storia parla per lui e ci dice che è un missionario delle carceri, da sempre impegnato a fianco di chi soffre.
Si può discutere invece il contenuto della lettera che ha indirizzato al Corriere della Sera in difesa del ministro Cancellieri. In essa egli afferma di stare dalla parte del ministro perché non ritiene scandaloso che questi si sia interessato a una donna ricca né che i ricchi possano avere amicizie su cui contare. E, quasi a teorizzare il valore assolutorio della competenza, aggiunge che “abbiamo finalmente un ministro concreto e competente, impegnato con grande determinazione a migliorare le incivili condizioni di vita dei detenuti italiani” con iniziative quali la cosiddetta legge svuota carceri, lo studio di pene alternative, di lavori di pubblica utilità, con la proposta delle celle aperte, con visite frequenti dentro le carceri e dialogo con i detenuti. Una sensibilità indiscutibile della quale va dato atto di contro a comportamenti di segno diverso di quanti l’hanno preceduto e che hanno esercitato il loro ruolo in chiave esclusivamente punitiva. Ma questo non vuol dire che la sensibilità del ministro si debba spingere fino a iniziative improprie. Non è scandaloso che “i ricchi  abbiano amicizie”, il fatto è che i ricchi hanno amicizie con i potenti che i poveri non si possono permettere, e anche questo non è scandaloso, ma quando i ricchi attivano le loro amicizie per ottenere ciò che altri non possono ottenere, questo è scandaloso. E il ministro che ha il diritto anche lui di coltivare affetti e amicizie, non ha il diritto di riversare su di essi il peso del potere che gli deriva dalla sua funzione pubblica e di privilegiare l’uno anziché l’altro. Quando Don Gino, a commento della frase del ministro ai familiari di Ligresti: “Contate su di me”, afferma che si tratta di una innocente espressione di umanità che lui stesso ha tante volte pronunciato per rassicurare i parenti dei detenuti, sembra dimenticare che, mentre egli mette in campo gli strumenti del suo cuore che appartengono solo a lui e li offre indifferentemente a tutti, il ministro ha utilizzato nella fattispecie un potere di tutti a favore di un singolo. E seppure non ha interferito nelle decisioni della magistratura, come credo, ma si è limitato ad allertare il DAP sullo stato di salute della signora Ligresti, è ugualmente venuto meno al doveroso distacco che il suo ruolo gli imponeva.
Tutto questo però non toglie nulla ai meriti di una donna che sta facendo tanto e che non merita la gogna che gli è piovuta addosso. Ne avessimo di ministri così preparati e appassionati, e la richiesta di dimissioni avanzata dalla opposizione la dice tutta sull’uso strumentale che si vuol fare di questo incidente anche a costo di danneggiare l’interesse comune privando la cosa pubblica di un suo rappresentante finalmente decente e all’altezza.

Il ministro deve continuare la sua opera meritoria imbrigliando le tentazioni familistiche della sua generosità e facendo di essa un’arma formidabile di tutela erga omnes. Come ha dimostrato di saper fare.

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