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domenica 25 agosto 2013

Il garantismo peloso

Al meeting di Rimini Alfano, con riferimento alla condanna di Berlusconi, ha evocato il sacrificio di Gesù e invocato l’esigenza di un giusto processo. A parte l’arditezza del confronto, indispone il doppiopesismo di un garantismo di convenienza che il nostro invoca in difesa dell’amico e che invece, da ministro di grazia e giustizia, ha calpestato inasprendo il 41bis e non facendo nulla per disinnescare la vergogna delle decine di migliaia di detenuti in attesa di un primo giudizio che scontano il carcere preventivo, alcuni appunto in regime di 41bis.
Capisco che le cause non sono tutte uguali e che le cause di Berlusconi sono più uguali delle altre, ma per carità un po’ di senso della misura.
Nessuno nega che nel pianeta giustizia ci siano delle ombre e che nei confronti del Cavaliere si sia esagerato, ma c’era bisogno che si arrivasse alla condanna definitiva di Berlusconi per scoprire le anomalie del sistema e scandalizzarsene solo perché un bisonte di razza è stato sacrificato, quando in precedenza tanti vitellini anonimi sono stati abbattuti nelle varie macellerie della giustizia italiana senza che da nessuno e tanto meno da Alfano si levasse un cenno di protesta?
E a proposito di giusto processo, Alfano si è accorto solo adesso che i processi in Italia non sono giusti, che gli elementi vengono valutati secondo il libero, che più libero non si può, convincimento del giudice e le sentenze vengono emesse al di là di ogni ragionevole certezza?
Andiamo On. Alfano, non cada dalle nuvole e ci risparmi le sue acrobazie, si attivi pure nell’opera di soccorso a favore di Berlusconi ma lo faccia senza scomodare Gesù. E soprattutto senza provocazioni sulla sofferenza di tanti poveri cristi che stanno scontando, al contrario di Berlusconi, un conto più o meno meritato, rassegnati alla ineluttabilità di una giustizia che il mai abbastanza citato Trasimaco definì il diritto del più forte! Ebbene, il diritto del più forte nel ventennale conflitto tra Berlusconi e la magistratura, è risultato essere quello dei magistrati. Il Cavaliere non ha saputo combattere una battaglia degna che si librasse al di sopra del suo interesse, si è lasciato risucchiare in una guerra personale in cui si è consumato il regolamento di conti in sospeso tra contendenti che si detestavano piuttosto che cercata una onesta soluzione per la giustizia e il cui esito è stato vissuto come una sorta di soluzione finale nei confronti del nemico sconfitto. Questa guerra Berlusconi l’ha perduta, ne prenda atto e non si ostini a reclamare un occhio di riguardo per il suo “particulare” mentre il “particulare” dei comuni mortali marcisce in fondo a una cella. Per una volta voli alto e non consideri suo interesse l’ottenimento di un salvacondotto purchessia  ma il suo amor proprio. Vada incontro alla sua sconfitta con dignità, senza pretendere improbabili concessioni.

Dopo di che eserciti in tutta tranquillità il suo diritto di dire ciò che pensa e di continuare a guidare il partito che ha creato senza curarsi di ridicoli sdoganamenti della sua agibilità politica e, se ne è capace, la politica cominci a farla sul serio.

1 commento:

  1. Ben detto Dott. Mandalà! Tutto quello che scrive in questo e negli altri post dovrebbe leggerlo anche l'On. Alfano, le pare? Come sempre, concordo nel modo più assoluto su tutto quello che ha scritto. Cordialmente, con stima. Michele

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