L’irresponsabilità dei magistrati
Sono pessimista e diffido della natura umana, quindi mi
faccio qualche problema se debbo mettere la mia vita nelle mani di sconosciuti.
Affidare ad uomini che per la loro stessa natura sono fallibili il compito di
amministrare la giustizia è perciò un azzardo che va scongiurato adottando le
necessarie cautele. Osservando l’attività della magistratura in Italia, viene
da chiedersi se le garanzie a salvaguardia dei diritti del cittadino
funzionino. Purtroppo la risposta è che no, le garanzie non funzionano a
dovere. A fronte di un potere granitico e incondizionato della magistratura
esiste una debolezza del cittadino alle prese con patologie che non consentono
di fronteggiare le insidie portate ai nostri diritti. Non c’è dubbio che
esistono giudici che sentono forte il richiamo della loro coscienza, e questa è
la nostra migliore garanzia, ma non c’è dubbio anche che, laddove questo rigore
manca, i nostri diritti sono a rischio. Scorrendo le cronache giudiziarie
possiamo stilare un elenco di problemi che affliggono il pianeta giustizia.
E’ un problema e desta sospetto lo zelo di una magistratura
che alla vicenda giudiziaria di un particolare imputato imprime una inconsueta
accelerazione ed esaurisce i tre gradi di giudizio in meno di dodici mesi
quando invece nei confronti di imputati meno particolari di anni e non di mesi
ne impiega cinque, sei, sette, quindici che sono anche essi un problema. I
tempi della nostra giustizia sono un attentato alla nostra economia per quanto
riguarda i processi civili e una autentica vergogna, la sospensione per tanti
anni della vita dell’imputato, una ulteriore condanna ancora più grave che si
aggiunge a quella eventualmente inflitta dal giudice, per quanto riguarda i
processi penali. Lascio immaginare quale è il danno arrecato a chi, dopo tanti
anni, risulterà innocente.
E’ un problema l’abuso della carcerazione preventiva che
rischia di far scontare in anticipo una pena non dovuta.
E’ un problema se magistrati licenziati dalla politica
tornano a indossare l’ermellino e giudicano quelli che sono stati i loro
avversari politici.
E’ un problema se un alto magistrato, dopo avere espresso,
prima e fuori dal processo, un giudizio corrosivo sulla condotta di un
imputato, accetta di pronunciarsi su di lui senza avvertire lo scrupolo di
astenersi. Ed è un problema ancora più serio se lo stesso giudice poi, zompando
in vernacolo tra Tizio, Caio e Sempronio, deposita nelle mani di un giornalista
le motivazioni della sentenza che ha concorso ad emettere, anticipando le
conclusioni cui deve ancora giungere il giudice relatore che sta lavorando alla estensione del dispositivo della sentenza stessa.
E’ un problema ed è allarmante scoprire che magistrati i
quali decidono di impegnarsi nella politica attiva, nutrono un livore viscerale
nei confronti di avversari sui quali indagavano da magistrati. Si può
immaginare con quale serenità abbiano esercitato la loro funzione.
E’ un problema lo strabismo con cui alcune formazioni
politiche sono state graziate e altre spazzate via da magistrati che di lì a
poco sarebbero scesi nell’arena politica a fianco dei partiti graziati.
E’ un problema se il PM esercita l’obbligatorietà
dell’azione penale scegliendo in maniera discrezionale l’ordine di priorità e
d’urgenza con cui trattare una notizia di reato.
E’ un problema se il giudice terzo, appartenente allo stesso
Ordine del Pubblico Ministero, accoglie, secondo un metro di cui non si cura di
dar conto, i testi dell’accusa e rigetta quelli della difesa e, se li accetta,
contesta la veridicità e la buona fede
delle loro dichiarazioni senza tuttavia chiederne il rinvio a giudizio per
falsa testimonianza. Ed è un problema ancora maggiore se la Cassazione conferma una
così palese violazione dei diritti dell’imputato.
E’ un problema il complesso di colpa della classe politica
che, in preda ad una specie di cupio dissolvi, ha infierito su sé stessa
condannandosi alla decadenza della immunità parlamentare prevista dalla
Costituzione in materia di procedimenti penali e consegnandosi nelle mani dei
magistrati con buona pace dell’autonomia dei poteri dello Stato e
dell’equilibrio tra la magistratura e gli altri poteri.
I magistrati vanno tutelati, ma chi tutela tutti noi dal
giudizio di uomini che possono essere animati come tutti da passioni, interessi di parte,
convinzioni declinate in maniera più o meno strumentale, pregiudizi, non
arginati da garanzie efficaci? L’ipocrisia del CSM, organo consortile di
autocontrollo della magistratura, è una foglia di fico con cui si vuole
nascondere l’anomalia di un sistema che sbilancia un potere a scapito di altri
e determina una asimmetria che è un vulnus nell’amministrazione della giustizia
e un rischio per la stessa democrazia.
Troppo potere senza i necessari ammortizzatori!
In USA i Procuratori sono di elezione popolare, altrove la
pubblica accusa dipende dall’esecutivo ( e d’altronde perché no visto che la
pubblica accusa è esercitata per conto dello Stato ), per quanto riguarda i
giudici terzi non saprei, ma si potrebbe per esempio provare a rendere il
libero convincimento un po’ meno libero di scadere nell’arbitrio e più
vincolato a prove certe.
Comunque sia, non c’è dubbio che bisogna trovare un rimedio
allo strapotere della magistratura, ferma restando la salvaguardia della sua
autonomia.
Grandissimi, spinosi e gravi problemi queli che Lei ha descritto ed enumerato abilmente in questo post. Mi chiedo però, Dott. Mandalà, come si è giunti all'attuale strapotere della magistratura e quale rimedio potrebbe esserci affinchè i problemi da Lei elencati possano finalmente risolversi. Con stima. Michele
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