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martedì 23 agosto 2011



Al Déjà Vu


Mi permetto qualche volta di consumare un solitario aperitivo al Déjà Vu.
E’ vicino casa mia, ci posso arrivare a piedi e mi piace quella sua atmosfera complice che vede riuniti attivi manager, giornalisti Rai, anziani signori come me alla ricerca di relazioni che diano calore alla loro vita, vivaci commentatori delle vicende politiche invariabilmente anti berlusconiani, tutti fedeli all’appuntamento col rito di uno dei pochi capricci che ci concede questa città: l’aperitivo rinforzato.
Capita qualche volta che si intrufolino personaggi insospettabili che solo in un secondo momento tradiscono la loro estraneità a questo mondo. Ne ho incontrato uno l’altro ieri, in un tardo pomeriggio in cui, inseguito dall’afa, mi ero rifugiato nell’unica saletta del locale, al riparo dell’aria condizionata. Il suo aspetto non destava alcuna curiosità grazie ad una anonima e dignitosa compostezza e all’ abbigliamento sobrio tipico di un anziano signore che poteva essere scambiato per un avventore in cerca di un tavolo libero. Mi insospettii quando mi resi conto che il suo aggirarsi per i tavoli non serviva per cercare un posto dove sistemarsi ma era intercalato da soste a ciascun tavolo sul quale si piegava educato ed esitante chiedendo qualcosa. Lo seguii con lo sguardo sempre più interessato mentre proseguiva nel suo giro incassando risposte che apparivano di volta in volta di consenso o di diniego alle sue richieste e infine realizzai con angoscia che si trattava di un mendicante. Ero ancora alle prese col mio stupore, quando lo vidi davanti a me: “Mi darebbe un euro?”. La richiesta non sapeva di questua e aveva una sua imperiosità educata che non poteva essere elusa, era come se fosse nell’ordine delle cose che un signore allampanato e dal volto impenetrabile chiedesse ciò che era ovvio con un rigore che non ammetteva repliche. “Certo che le do un euro”, balbettai confuso, ma subito mi ripresi e gli chiesi se voleva sedersi al mio tavolo e consumare qualcosa in mia compagnia. Non riuscivo a capacitarmi di quello che stavo vivendo e volevo saperne di più, sentivo che dietro a quell’uomo si nascondeva qualcosa che valeva la pena conoscere, qualcosa che sapeva di ingiustizia e di miseria sociale che gridavano silenziose cercando un approdo alla loro disperazione. Esitò osservandomi con fare guardingo, poi si sedette.
Non ebbi bisogno di chiedere ché lui con un sorriso mesto mi sdoganò dal mio imbarazzo, dicendomi che comprendeva quello che provavo e raccontandomi di se. Mi narrò la banalità di una vita insultata dalla sorte che non aveva fatto in tempo a blindarsi nei meccanismi di ammortizzatori che la preservassero dall’indigenza, di come alla sua età non aveva ormai le risorse per riappropriarsi di una condizione dignitosa, della moglie a casa, compagna di una vita, tradita nelle aspettative di una vecchiaia serena e bisognosa di cure, di come aveva dovuto scegliere fra la rinuncia alla propria vita e quella alla propria dignità e si fosse piegato a questa seconda scelta per amore di quella moglie, di come si fosse inventato un lavoro per giustificare con lei le sue sortite pomeridiane e tornasse a casa col sorriso sulle labbra e un fiore profumato di tutto il suo amore.
Mi narrò tutto questo d’un fiato con gli occhi che finalmente avevano un’espressione e si riempivano di lacrime, poi di colpo si alzò e, ignorando il mio invito a fermarsi ancora, fuggì via.
Ho chiesto in giro, l’ho cercato informandomi con gli avventori, col ragazzo del bar, se sapevano dirmi come facevo a rintracciare un signore allampanato e dal volto impenetrabile, tutti si ricordavano di lui ma allargavano le braccia giurando di non averlo più visto nei paraggi.
Continuo ad andare al Déjà Vu, mi guardo attorno nella speranza che la sua figura inconfondibile si materializzi come d’incanto, ma so che non lo vedrò mai più.

2 commenti:

  1. Dottore Mandalà, mi darebbe per favore una sua e-mail a cui scriverle? la ringrazio.

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  2. Le invio la e-mail da Lei chiestami:ninomandala@libero.it
    Cordialmente Nino Mandalà

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