Ieri sono stato protagonista di una vicenda che vi voglio raccontare. Non ho voluto essere scortese con un giornalista, il signor Walter Molino di Anno Zero, che chiedeva di intervistarmi e, invece di liquidarlo telefonicamente con un secco no, ho accettato di incontrarlo e gli ho spiegato i motivi per cui non ritenevo di concedergli l’intervista. Mi sono sentito quasi in colpa per non avere potuto accontentare il giovane giornalista che mi è parso così amabile e ragionevole, tanto da avergli promesso un intervista a conclusione del mio processo. Ci siamo lasciati cordialmente dandoci appuntamento ad un più o meno prossimo incontro e mi sono avviato verso casa con la gradevole sensazione di avere conosciuto un giornalista perbene che aveva rispettato la promessa fattami di incontrarmi rinunciando a telecamere e microfoni, come io avevo chiesto.
Ma, ahimè, avevo appena finito di elaborare questa sensazione allorché sotto casa sono stato avvicinato dal collega del sig. Molino, Stefano Bianchi, il quale con tanto di microfono e telecamere al seguito pretendeva di intervistarmi nonostante io protestassi che avevo appena finito di negare l’intervista al suo collega della stessa testata.
L’imperterrito sig. Bianchi ha ignorato le mie proteste e ha cominciato a sottopormi ad una raffica di domande braccandomi per strada tra la curiosità della gente, mentre tentavo di sottrarmi all’intervista preda, lo riconosco, di una inconsulta crisi di nervi.
Ero caduto in una trappola con in scena due compari che hanno fatto il gioco delle parti, uno, il sig. Molino nel ruolo del giornalista conciliante che ha cercato di convincermi a rilasciare l’intervista, l’altro il sig. Bianchi, nel ruolo di cecchino che, ricevuta dal compare l’imbeccata dell’intervista non riuscita, ha tentato di strapparmela con una vera e propria incursione nella mia vita privata.
Sono stato incalzato persino mentre varcavo la soglia di casa e ho osservato dal balcone il sig. Bianchi mentre si aggirava nei dintorni come un avvoltoio non rassegnandosi alla rinuncia.
In questa vicenda c’è tanta rabbia perché il delirio dello scoop ad ogni costo non rispetta niente e perché fa paura l’arroganza con cui certi giornalisti pretendono di potersi permettere tutto ma c’è, soprattutto, l’amarezza dell’inganno di cui è vittima l’innocenza che avevo creduto di individuare nel sig. Molino.
A quando la prossima imboscata sig. Molino?
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