Carfagna
La querelle esplosa a proposito della ministra Carfagna è la cartina di tornasole di atteggiamenti che derivano dalla sedimentazione di comportamenti accumulati durante tanti anni di asservimento ai parametri della partigianeria politica. Ed è così che la Carfagna diventa tutto e il contrario di tutto. Di lei è stato detto che è l’emblema della “mignottocrazia” proiettata dai fasti del velinismo a quelli della politica, messa in croce, come un’intrusa della politica che vola alta, dagli schizzinosi bardi di sinistra o difesa, come l’esempio della capacità di guadagnare sul campo una sua credibilità politica, dai disinvolti pretoriani di destra , tutto a seconda della convenienza di parte. Scoppiato il caso, è scoppiata anche la decenza e si sono invertiti i ruoli. Chi fino ad ora l’ha attaccata adesso la innalza sugli scudi e la incensa quale vittima, l’ennesima , del solito, bieco berlusconismo, chi invece l’ha difesa, la demonizza come l’esempio di una inconsistenza che non ha alcun valore, campione di intelligenza col nemico con cui è sorpresa a fraternizzare. Si scade nell’insulto da sottoscala e la stessa ministra contribuisce all’ ”ammuina” parlando di lotta tra bande, come si trattasse di un regolamento di conti tra malfattori e apostrofando l’on. Mussolini con l’epiteto di “vajassa” . Tutto piegato all’interesse di bottega e senza riguardo per il senso della misura e per ciò che è effettivamente avvenuto e che si riduce ad un puro e semplice episodio di dialettica politica: la ministra Carfagna ha provato a portare avanti un suo progetto che si scontra con quello di altri militanti del PDL e, a quanto pare, ha perso la partita perché Berlusconi ha scelto di sostenere i suoi avversari. Punto e basta! In un partito normale tutto si sarebbe risolto senza strepiti nell’ambito di una dinamica in cui il successo e l’insuccesso sono messe parimenti nel conto, nel PDL invece è scoppiata una vera e propria faida di tutti contro tutti in cui la lotta politica scade in una personalizzazione feroce che fa dei personaggi in campo prede di un safari che stride persino con la spregiudicatezza della nostra scalcagnata politica. Quale è il senso di tanto livore in una contesa degna di miglior causa? La signora Carfagna, qualunque sia quello che qualcuno con poca eleganza chiama il suo peccato d’origine, cioè la sua provenienza dagli ambienti dello spettacolo, col tempo ha ben figurato e ha portato avanti battaglie meritorie delle quali persino i suoi avversari politici le hanno dato atto. Ad un personaggio dello spettacolo, come Barbareschi, non è stata rimproverata la sua provenienza e nessuno si scandalizza per la sua elezione in Parlamento e per gli incarichi che sta ricoprendo nel neonato FLI. E allora perché tante riserve e tante grevi insinuazioni nei confronti di una donna che oltretutto sta ben meritando e sta dimostrando di che stoffa è fatta affermando che, non sentendosi tutelata dal partito, ne uscirà rinunciando sia all’incarico di ministro che al suo status di parlamentare e precisando che non aderirà a FLI con cui è stata sospettata di intendersela sotto banco? Se farà fede a quanto sostiene, dimostrerà di avere più attributi di tanti maschietti! E allora, ripeto, perché tante riserve e soprattutto tanto malanimo? E’ possibile che essi derivino dal solito irriducibile maschilismo da caserma che non concede sconti ad una donna intelligente perché è bella, è possibile che le mire di quest’ultima suscitino più di una perplessità sacrosanta o meno, che però andrebbe espressa con maggiore garbo politico, ma è più verosimile che tutto nasca dal fatto che nel PDL ormai da tempo si è perduta la bussola e tutto è affidato agli umori di chi un bel mattino si alza con l’uzzolo di sproloquiare senza conoscere l’abc dell’ortodossia politica. In definitiva anche gli altri contendenti non sono stati certo trattati con eleganza dalla signora Carfagna. E’ stupefacente come un partito padronale che dovrebbe essere gestito con criteri che mirano al profitto ( anche inteso nel senso più nobile di interesse generale ) sia lasciato alla mercé di una classe dirigente che ne sta sperperando il patrimonio. E’ come se la gestione di una multinazionale venisse affidata ad un amministratore di condominio e, laddove sarebbero necessari lungimiranza, capacità di mediazione, attenzione ad evitare inutili contrasti personali e tentazioni centrifughe, saggezza necessaria a gestire la complessità di anime così diverse, a tenere a bada le ambizioni non sempre sacrosante di arrembanti personaggi che hanno dato l’assalto alla diligenza, a scoraggiare piaggerie interessate, insomma laddove ci sarebbe bisogno di un Berlusconi, Berlusconi è mancato.
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