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martedì 16 novembre 2010

Della solitudine


Si parla della solitudine e delle sue diverse categorie, se ne parla a proposito degli anziani ma non soltanto, se ne parla per motivi che hanno a che fare con l’età, e sono i più frequenti, ma anche per motivi che riguardano la banalità dell’esistenza o la sua drammaticità. Ernesto Galli della Loggia, con acutezza impareggiabile, ha fotografato la solitudine di Berlusconi consegnato da una sorta di cupio dissolvi all’autoisolamento. E’ nel destino degli uomini di potere fare i conti con la solitudine e con quella spada di Damocle che Dioniso di Siracusa faceva pendere attaccata ad un crine e che l’accorto uomo di potere si sforza di tenere lontana dalla propria testa. Berlusconi invece sembra impegnato a recidere il crine.
Non c’è dubbio che egli oggi sia un uomo solo, è un uomo che, pur capace di eccellenti intuizioni, non ha saputo realizzarle, pur capace di accumulare un credito enorme, lo ha sperperarlo sull’altare di una vocazione al suicidio che ha a che fare più con Freud che con la politica, è un uomo che ha mal tollerato una condizione di tranquillo potere ritenuta inadeguata alla sua dimensione debordante, al punto da provocarla in una sfida che lo ha visto avvitarsi su se stesso con più o meno consapevole masochismo. In una realtà spietata come la nostra le solitudini ricorrono spesso. E’ l’agguato più insidioso per gli anziani, specie per quelli che hanno concluso la loro vita lavorativa e avvertono un senso di inutilità. La mancanza di un contributo alla società li deprime. Man mano hanno perduto i valori di una intera esistenza, gli antichi amici, gli affetti più consolidati, e vivono smarriti una vita che sentono vuota. Ma c’è una solitudine più drammatica che Alberoni definisce solitudine da abbandono ed è quella che sta conoscendo Berlusconi, una solitudine che, contrariamente a quanto sostiene Bondi, è più umana che politica perché attiene ad una personalizzazione della politica che ha indotto il Presidente del Consiglio a scelte di pancia più che di testa. Gli asini che adesso scalciano ne sono una prova. E’ la solitudine figlia del fallimento che ti fa il vuoto attorno, dove la perdita di riferimenti certi che l’avanzare del tempo infligge con pietosa e graduale selezione, deflagra improvvisa e totale. E’ la solitudine che ti fa sperimentare la crudele fragilità della tua condizione, l’abiura dei sodali di un tempo che si ritraggono guardinghi, la condanna delle tue scelte da parte di chi fino a ieri ti incensava, la necrosi di antichi rapporti da cui si leva un fetore insopportabile e che rischia di condannarti ad una vita di rimorsi e rimpianti, incapace di sognare e progettare, che si rannicchia su se stessa e attende la fine.
Tuttavia quest’uomo ci ha abituato ai suoi scatti d’orgoglio, avventato e generoso, tosto e amante delle sfide, non è escluso che anche stavolta ce la faccia a uscire dall’angolo.

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