Visualizzazioni totali

domenica 28 marzo 2010

A proposito di sequestri e confische.......

La legge nr. 109 del 1996 introduce le nuove disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati ad appartenenti ad associazioni mafiose. La legge prosegue l'indirizzo della legge Rognoni/La Torre e del decreto legge 1989 che davano corpo all'intuizione di La Torre prima e di DAlla Chiesa dopo secondo cui la criminalità organizzata ha il suo tallone d' Achille nel patrimonio il cui prosciugamento equivale all'esaurimento della fonte alla quale attinge la vita di un organismo. La nuova legge, contrariamente alle precedenti che non prevedevano procedure di gestione e riutilizzo e il divieto di vendita, prevede sia l'uso sociale che il divieto di vendita del bene confiscato. I risultati raggiunti sono confortanti e dicono di realtà le quali si stanno cimentando in un impegno che dà speranza a giovani e a forze produttive realizzando lo scopo sociale della legge. Cooperative, Associazioni, Comunità ed Enti si misurano con successo in un impegno che trae da patrimoni illeciti leciti guadagni. Sembrerebbe tutto ben indirizzato non solo verso una rivincita della legalità ma anche verso un riscatto sociale, eppure non mancano le note dolenti. Come sempre quando si tratta di lotta alla mafia si cade nel giacobinismo caro a quanti con la furia del loro impegno travolgono il buon senso e buttano assieme all'acqua sporca dell'illecito, il bambino degli elementari diritti. Sopravviene una sorta di sacro furore che, combattendo l'illecito, non si cura delle regole, non guarda tanto per il sottile pur di fare pulizia e, per dirla con Ostellino, non si limita "alla ricerca di quella (parziale) verità che è la Giustizia ma pretende di cambiare il mondo".
Dico questo a ragion veduta e per esperienza diretta.
Mi sono stati sequestrati due immobili ed un libretto a risparmio con la motivazione che essi avevano un provenienza illecita. La loro valutazione è stata calcolata in diversi milioni di euro con ampio risalto sulla stampa che ha parlato di un duro colpo inferto ad un ingente patrimonio mafioso. Ebbene il Tribunale per le misure di prevenzione mi ha restituito gli immobili sequestrati con la motivazione che essi provengono da una donazione lecitissima risalente al 1969 fattami da mia madre che a sua volta aveva ereditato dal padre con testamento del 1953. Il valore accertato degli immobili è di euro 300.000,00 (trecentomila) e il "tesoro illecito" contenuto nel libretto a risparmio ammonta a ben...... euro 120,00 (centoventi). Ci voleva molto a fare un accertamento più rigoroso prima dell'emissione del provvedimento di sequestro?
Debbo presumere che il mio non sia un episodio isolato e che l'incubo vissuto da me e dalla mia famiglia durante il lungo anno trascorso prima che si giungesse a soluzione sia una costante ricorrente in un sistema che fa a meno delle verifiche ante e, pur di menar vanto, enfatizza i risultati raggiunti. Una maggiore oculatezza nelle indagini e una minore approssimazione nella valutazione dei patrimoni contribuirebbe ad una maggiore credibilità della legge, farebbe risparmiare soldi all'erario ed eviterebbe inutili sofferenze. Ma la sofferenza non è la sola protagonista nell'applicazione della 109. Purtroppo la funzione sociale data ad essa suona come una vera e propria beffa alla luce dei risultati disastrosi generati dalla gestione delle aziende sequestrate e successivamente confiscate. Un'azienda, anche se ha una matrice illecita, durante il suo cammino assume una valenza che nasce dall'abilità di chi la gestisce e una funzione sociale che le deriva dalla sua capacità occupazionale. Il sequestro e la confisca di una azienda pongono un problema che non può prescindere dal valore sociale di essa e chi si assume l'onere della gestione assume anche un obbligo morale nei confronti dei dipendenti dell'azienda. Persino l'imprenditore mafioso, mano a mano che l'azienda cresce, si innamora di essa e, per quanto possa sembrare incredibile, contrae, per un fatto morale o di orgoglio, un patto con i lavoratori assieme ai quali gioisce dei risultati positivi e soffre dei fallimenti, lavora gomito a gomito condividendo le sorti dell'azienda con la consapevolezza che esse sono anche le sorti dei dipendenti. Mancando questa figura, la vita e il futuro di uno come di decine di lavoratori sono destinati ad essere sacrificati sull'altare della fiscalità formale, dell'incompetenza e della incapacità gestionale di un amministratore giudiziario dalla fedina immacolata ma privo dello spirito di sacrificio e dell'amore per l'azienda che connotano chi visceralmente la vive. La storia dei patrimoni sequestrati e confiscati è anche la storia di aziende che, nella maggior parte dei casi, non fanno in tempo a passare dalla fase del sequestro a quella della confisca e che già nella prima fase vanno in malora assieme al futuro di tanti lavoratori e con buona pace della funzione sociale assegnata alla legge.

Nessun commento:

Posta un commento