Visualizzazioni totali

venerdì 12 ottobre 2018

Saviano


Da cronista impegnato a inseguire per i vicoli di Scampia notizie sui fatti di sangue della camorra, a icona della galleria delle patacche allestita dai sacerdoti del politicamente corretto, Saviano ne ha fatta di strada. Star  tra le più ambite nei salotti che contano, al punto da essere stato ricevuto all’Eliseo e avere vissuto una serata da protagonista a casa di Bernard-Henry-Lévy, idolo dei talk show che se lo contendono trattandolo come un oracolo, egli è l’esempio di come dal nulla nasce un mito. La fulminea escalation del guaglione rampante si inquadra nella necessità della nomenklatura intellettuale imperante di sostituire vecchi arnesi, contrabbandati per anni quali paladini dei diritti fondamentali e nel frattempo andati in pezzi, con nuovi  campioni improbabili ma utili ad alimentare il mito di un déjà-vu caduto in disgrazia. E’ una necessità che non riguarda solo la galassia italiana tanto è che  l’inossidabile Bernard Henry-Levy, cui non fa certo difetto la faccia tosta e che è stato uno degli artefici della crociata contro Gheddafi millantando la difesa dei diritti umani, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, non pago del suo capolavoro, si è lanciato nella nuova titanica impresa di portare sugli scudi nientemeno che Saviano difficilmente individuabile quale titolare di meriti che giustifichino la sua accoglienza come ospite d’onore in uno dei salotti più esclusivi dell’intellighenzia francese. Pur di issare uno straccio di vessillo ideologico lo spocchioso Henry-Levy è disposto ad accontentarsi di un tribuno che ha saputo dargliela a bere, senza star lì a fare troppo lo schizzinoso. D’altronde in fatto di patacche la Francia non è seconda a nessuno, avendo essa ospitato nientemeno che nelle vesti di rifugiati politici, fior di galantuomini come Toni Negri e Cesare Batisti, fatte naturalmente le debite differenze. I nostri intellettuali dal loro canto, a corto di argomenti e di eroi, sconfitti in tutti i campi in cui si sono cimentati e dove hanno lasciato solo macerie,  hanno eletto a loro campione Saviano il quale non si è fatto pregare e, investito del ruolo, non ha esitato a proclamarsi la coscienza più autentica di una Italia virtuosa. Ispirandosi a categorie manichee egli stabilisce cosa è giusto o cosa non lo è, chi è santo e chi è diavolo, se condannare Salvini che, essendo un diavolo non può non avere violato la legge, e assolvere Mimmo Lucano che ha, si, violato la legge ma con i panni del santo. Niente di nuovo in un universo che da sempre procede per dogmi, in cui si fa valere il principio di due pesi e due misure a seconda della categoria di appartenenza, ma non lamentiamoci poi se i barbari sono alle porte. Nessuno disconosce i meriti e il coraggio di Saviano dimostrati nella sua denuncia dei misfatti della camorra e l’idea di privarlo della scorta è insensata, ma è altrettanto insensato fare di lui il re travicello che decide che cosa è giusto e cosa non lo è. Il signor Saviano costruisca pure sulla sua vicenda una fruttuosa rendita di posizione ma per carità non pretenda di colonizzare le nostre coscienze raccontandoci che la sua coscienza è più consapevole e candida della nostra.

Nessun commento:

Posta un commento