Il 16 aprile 1973 a Roma, quartiere Primavalle, perirono,
arsi vivi in un rogo, Stefano Mattei di 8 anni, e il fratello Virgilio di 22
anni. Furono le vittime dell’incendio appiccato alla loro casa da alcuni
esponenti del movimento extraparlamentare di estrema sinistra Potere Operaio,
giovani della buona borghesia romana che giocavano a fare i rivoluzionari e non
si facevano scrupolo di arrostire i rappresentanti del proletariato che avevano
il torto di essere figli di un “fascista”. In nome della lotta al fascismo
bruciare vivo un bambino di 8 anni rientrava nella logica dei danni collaterali
cui si deve prestare ogni sacrosanta battaglia per la democrazia. Ma l’enormità
del misfatto non si è fermata al massacrò in sé, essa si è dilatata ancora di
più con la mistificazione operata dalla galassia di sinistra che si impegnò
nello sforzo di far passare la vicenda come una faida interna al mondo dei
nostalgici fascisti, costruendo una realtà parallela e falsa che aveva come
scopo di scagionare i veri colpevoli. Cortei e appelli pro-indagati furono
inscenati manipolando la realtà e ficcando cinicamente l’inganno dentro la
solita sbornia ideologica. In nome delle magnifiche sorti e progressive anche
la terribile morte di un bambino ad opera di delinquenti politici veniva
strumentalizzata per fini ideologici. Erano i tempi in cui i brigatisti rossi
veniva gratificati con l’indulgente epiteto di compagni che sbagliano. Buona
parte di questo ciarpame ideologico ha continuato a imperversare, anzi ha
conquistato il centro della scena decretando quello che è giusto e quello che
non lo è, quello che è morale e quello che non lo è, impossessandosi del ruolo
di mosca cocchiera delle coscienze e rivendicando l’esclusiva del politicamente
corretto. Sono i campioni di questo ciarpame che decidono quali sono le
battaglie da combattere intestandosele in esclusiva e costruendo su di esse
reputazioni altrimenti improbabili. Sono gli eredi di coloro che hanno ucciso
una seconda volta il piccolo Mattei impegnandosi nell’occultamento della verità
e che hanno rimosso un episodio emblematico del loro cinismo ideologico
banalizzandolo come un qualsiasi episodio di cronaca nera, gli stessi che oggi fanno
sentire più alte le loro voci rispetto all’unanime indignazione per l’infame
uccisione del piccolo Di Matteo. Persino l’indignazione diventa per i nostri
campioni strumento ideologico e assume una colorazione diversa a seconda che un
bambino trucidato si chiami Mattei o Di Matteo.
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