Visualizzazioni totali

lunedì 11 dicembre 2017

La sindrome dell'emergenza


Lo Stato ha vinto la lotta contro la mafia, il giocattolo si è rotto. Quanti hanno condotto la giusta battaglia avendo anche come obiettivo collaterale una visibilità che li proiettasse verso carriere altrimenti impensabili, si debbono rassegnare, con la vittoria hanno realizzato anche una sconfitta, quella delle loro ambizioni. Ed è inutile praticare la respirazione bocca a bocca a un cadavere agitando lo spettro di una emergenza che non c’è e ricorrendo per questo scopo a mistificazioni. E’ un pessimo servizio alla verità far passar per mafiosi malecarni che sono solo le grottesche controfigure degli autentici mafiosi, esemplari della bassa manovalanza criminale improbabili nelle vesti di mammasantissima che però, grazie a questa operazione di maquillage, tornano utili per tenere viva la sindrome dell’emergenza mafiosa. Nessuno mi può convincere che quei quattro scappatidicasa incappati nelle ultime retate, in palese crisi di una identità che cercano di recuperare annacandosi, siano gli eredi di quella che fu Cosa nostra. Un altro pessimo servizio alla verità è il modo in cui è stata declinata la vicenda delle esternazioni di Riina intercettate in carcere.  Appare evidente a chiunque che lo sproloquio di Riina era lo sfogo rabbioso di un uomo in gabbia e ormai fuori gioco che ruggiva senza avere i denti per addentare. A chi poteva far pervenire la sua voglia di uccidere il dottore Di Matteo il capo dei capi? Ristretto in regime di 41 bis, come faceva a superare le maglie di una delle censure più severe al mondo e far giungere un suo messaggio all’esterno?  Appare chiaro che, se fosse rimasto confinato entro le mura del carcere, quello sfogo non avrebbe costituito alcun pericolo, un pericolo lo è diventato nel momento in cui è stato propalato e ha rischiato di diventare un messaggio per gli  accoliti di Riina. Il dottore Di Matteo deve quindi ringraziare gli zelanti cultori dell’emergenza per il servizio che gli hanno reso, agitando per puro calcolo lo spettro di un pericolo che in partenza non esisteva e mettendo, loro si, a rischio la sua vita pur di cavalcare un redditizio clima d’allarme. L’accusa di Sgarbi secondo cui la vicenda è stata montata ad arte per promuovere l’immagine del dottore Di Matteo, appartiene alla sua convinzione e ne risponde solo lui, ma non c’è dubbio che il clima preoccupa. Dal governo dei filosofi di Platone passando per la volontà generale di Rousseau, siamo arrivati alla repubblica dei magistrati. I magistrati, guardiani della democrazia, si propongono quali protagonisti di essa in un conflitto di interessi che fa coincidere il controllore col controllato. Ci sono tutte le avvisaglie di questa deriva e chi ha a cuore la sorte del nostro futuro democratico, ha il dovere di combattere il  pericolo di una dittatura del Grande Fratello che fa dell’etica il suo fine e tutto scruta con sospetto (il sospetto, si sa, è l’anticamera della verità), su tutto vigila, presumendo la colpevolezza di ciascuno fino a prova contraria e candidando tutti a vestire prima o poi i panni di imputati.                                                            

Nessun commento:

Posta un commento