Sfrontata e disponibile agli appetiti di predoni a caccia di
facili conquiste, sentina di infamie e terra di spiriti eletti, terra di
contraddizioni, è Palermo, città dove miseria e nobiltà, legalità e illegalità
convivono senza scandalo, dove rampolli della buona società si fanno tribuni
del popolo e si mescolano senza imbarazzo con la plebe per conquistarne l’anima
e asservirla ai loro fini, dove giacobini in cerca di facile gloria inneggiano
ad una giustizia di comodo. Ai loro piedi un gregge di pecore bela incantato illudendosi
di far parte di un mondo che lo alliscia ancorché lo disprezzi considerandolo solo
materiale di risulta utile alla bisogna. Il consenso per i tribuni è
trasversale ed accomuna le signore dei salotti bene e il panellaro di Ballarò
in un pot pourri pieno di sapori contrastanti che i nostri incantatori di
serpenti, populisti ante litteram, sono riusciti
a mettere assieme. Pasciuto a panem, circenses e demagogia, il popolo esulta e rende eterna
la sua sudditanza al potere. E’ la Palermo cialtrona che nei giorni della
memoria si presta agli inganni di una retorica del dolore usurpato che marcia a
fianco del dolore autentico, ad opera di improbabili paladini della legalità
che si esibiscono senza ritegno nella celebrazione postuma di martiri che hanno
concorso a crocifiggere. E’ la Palermo
degli affabulatori che in questi giorni di campagna elettorale hanno smarrito
il senso della decenza producendosi in avvitamenti virtuosi che promettono mirabolanti
progetti e vantano risultati mai veramente realizzati. Una operazione di
maquillage tenta di nascondere le rughe tragiche di una città irredenta, di una
periferia degradata, della inefficienza dei servizi, della ingiustizia sociale
e della giustizia strabica, di una società che si avvia sempre più verso la
soglia di una emarginazione senza scampo e cerca invano rifugio tra le braccia di
questa disgraziata città. I templi della legge restano sbarrati a chi ha sete
di giustizia, i porticati delle chiese, i tempietti neoclassici, i portici del centro levigati ed
eleganti di giorno e lividi di notte, le sale d’aspetto delle stazioni,
brulicano di una umanità estranea al consorzio civile, degli ultimi che una borghesia
opulenta e autofaga fagocita dopo averli generati. Bella e agonizzante piuttosto
che rinata, oggi Palermo ripete la
consueta celebrazione rituale che suscita rabbia più che dolore.
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