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martedì 23 maggio 2017

Palermo


Sfrontata e disponibile agli appetiti di predoni a caccia di facili conquiste, sentina di infamie e terra di spiriti eletti, terra di contraddizioni, è Palermo, città dove miseria e nobiltà, legalità e illegalità convivono senza scandalo, dove rampolli della buona società si fanno tribuni del popolo e si mescolano senza imbarazzo con la plebe per conquistarne l’anima e asservirla ai loro fini, dove giacobini in cerca di facile gloria inneggiano ad una giustizia di comodo. Ai loro piedi un gregge di pecore bela incantato illudendosi di far parte di un mondo che lo alliscia ancorché lo disprezzi considerandolo solo materiale di risulta utile alla bisogna. Il consenso per i tribuni è trasversale ed accomuna le signore dei salotti bene e il panellaro di Ballarò in un pot pourri pieno di sapori contrastanti che i nostri incantatori di serpenti, populisti  ante litteram, sono riusciti a mettere assieme. Pasciuto a panem, circenses  e demagogia, il popolo esulta e rende eterna la sua sudditanza al potere. E’ la Palermo cialtrona che nei giorni della memoria si presta agli inganni di una retorica del dolore usurpato che marcia a fianco del dolore autentico, ad opera di improbabili paladini della legalità che si esibiscono senza ritegno nella celebrazione postuma di martiri che hanno concorso a  crocifiggere. E’ la Palermo degli affabulatori che in questi giorni di campagna elettorale hanno smarrito il senso della decenza producendosi in avvitamenti virtuosi che promettono mirabolanti progetti e vantano risultati mai veramente realizzati. Una operazione di maquillage tenta di nascondere le rughe tragiche di una città irredenta, di una periferia degradata, della inefficienza dei servizi, della ingiustizia sociale e della giustizia strabica, di una società che si avvia sempre più verso la soglia di una emarginazione senza scampo e cerca invano rifugio tra le braccia di questa disgraziata città. I templi della legge restano sbarrati a chi ha sete di giustizia, i porticati delle chiese, i tempietti  neoclassici, i portici del centro levigati ed eleganti di giorno e lividi di notte, le sale d’aspetto delle stazioni, brulicano di una umanità estranea al consorzio civile, degli ultimi che una borghesia opulenta e autofaga fagocita dopo averli generati. Bella e agonizzante piuttosto che rinata, oggi Palermo  ripete la consueta celebrazione rituale che suscita rabbia più che dolore.

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