L’ingiustizia in Italia dà il peggio
di sé quando marca la differenza tra la sorte degli ultimi che
pagano fino in fondo il fio delle loro colpe e quella dei
privilegiati che navigano nel mare dell’impunità. L’elenco dei
casi di potenti che, nonostante condanne pesanti, si sottraggono alle
pene grazie al censo che permette loro di imboccare costose
scorciatoie, si spreca, come si spreca la lista dei poveri cristi che
affollano le patrie galere. A parole sono in molti a denunciare
questa evidente disparità, mostrando di ispirarsi a principi di
equità e producendosi in esternazioni accorate con un’enfasi pari
alla sfrontatezza con la quale alcuni di essi difendono la loro
impunità. E’la doppiezza morale di sempre denunciata da Trasimaco
quando definisce la giustizia l’interesse del più forte, non
immaginando che persino nella stesura dell’elenco dei colpevoli
vessati dai rigori della legge avrebbe fatto capolino una buona dose
di classismo. Quanti infatti insorgono in difesa di Caino facendo un
discrimine tra chi merita misericordia e chi no, operano una
distinzione classista nel mondo di disperati che non fa alcuna
considerazione di merito. Gli emigranti, gli spacciatori, i
delinquenti di piccolo cabotaggio che non possono contare sulle
scorciatoie riservate ai potenti, possono contare sulla solidarietà
dei sacerdoti del politicamente corretto perché si prestano ad
essere pretesto di un buonismo a buon mercato esibito più che
sentito sinceramente, giusto per lustrare il pedigree del buon
samaritano. E’ una solidarietà pelosa espressa per lo più da
cialtroni in marsina che si riempiono la bocca con proclami
inneggianti a nobili concetti puntualmente traditi sull’altare
dell’interesse personale, una solidarietà nella quale non trovano
posto mafiosi e affini, merce avariata inutilizzabile per
masturbazioni moraleggianti. Persino il Papa che ha fatto della
misericordia la cifra del suo apostolato, li discrimina. Ad essi
tocca d’essere confinati nel recinto dei reietti dove non valgono
le regole, d’essere considerati ectoplasmi privi dei diritti
fondamentali nell’indifferenza della cosiddetta società civile.
Relegati nel girone degli orrori, oggetto del disprezzo della gente,
godono in compenso dell’attenzione dello Stato che su di loro
infierisce con spirito di vendetta. E’ il tramonto dell’epica
sciagurata della mafia costretta a subire il discrimine persino
rispetto ai malacarne di bassa lega, ma è anche l’eclissi dello
Stato di diritto che ha rinunciato ai propri principi fondanti in
nome della sicurezza, e delle coscienze libere che hanno rinnegato la
lezione dei lumi decidendo chi ha diritto o meno ad essere
considerato uomo.
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