Ho assistito alla presentazione di un
libro su Pasolini, “Pasolini, massacro di un poeta” di Simona
Zecchi, e ne ho ricavato una profonda emozione, sicuramente per
l’evocazione della figura di un poeta che amo ma non solo per
questo. Ho rivissuto le circostanze drammatiche della morte di
Pasolini attraverso la lettura che la deliziosa autrice ne propone
narrando il clima inquietante in cui il delitto si è consumato e
l’infamia che ha accompagnato il poeta sia in vita che dopo la
morte. E’ noto che a Pasolini non è stata perdonata l’onestà
intellettuale con cui ha combattuto l’ipocrisia delle verità
omologate e la dittatura del massimalismo etico di una certa sinistra
bacchettona che si è intestata l’esclusiva della superiorità
morale. Pasolini è stato ucciso da Pelosi, o non si sa da chi, ma è
stato ucciso soprattutto dalla gogna dei censori seduti sul trespolo
dell’intransigenza che ne hanno punito lo spirito libero con la
calunnia, bollandolo quale corruttore dei giovani, e col silenzio,
condannandolo all’oblio della damnatio memoriae. E’ la storia di
sempre, è la storia dei Gide che oggi si ripete ad opera dei guru
radical-chic del pensiero unico che decidono che cosa è
politicamente corretto e cancellano le voci fuori dal coro
nell’indifferenza di una società liquida priva di ideali e di
memoria. Senza alcuna pretesa di scomodare la cultura o di fare
accostamenti impensabili ma giusto per dare una testimonianza, so
cosa significa patire la gogna e il silenzio per averli sperimentati
sulla mia pelle. La gogna quando la macelleria mediatica si è
avventata sulla mia vicenda giudiziaria con il furore di chi non deve
rendere conto della propria ferocia e può tranquillamente
imperversare senza pagare pegno, il silenzio quando mi sono proposto
come scrittore ed era politicamente corretto ignorarmi in ossequio al
pregiudizio che mi accompagna. In verità qualche voce si è levata,
giusto per strillare indignata: ”Come si permette questo mafioso? A
chi la vuole dare a bere?”. Di questo si discuteva nella serata
della presentazione, tra un vecchio arnese libertario senza patria
come il sottoscritto e gli onesti, fieri, disillusi figli di una
ideologia che non ha perduto il vizietto della mistificazione.
Partendo da posizioni ideali agli antipodi, ci siamo ritrovati
accomunati dalla consapevolezza della sconfitta.
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