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venerdì 18 settembre 2015

Il mio romanzo

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“La vita di un uomo”, il romanzo che ho concepito in carcere, ha visto finalmente la luce. E’ stato un parto travagliato perché trovare un editore che non si ritraesse scandalizzato al cospetto di un condannato per mafia, non è stato facile. Nicola Macaione, l’editore che ha accettato di pubblicarlo, pur con la comprensibilissima cautela nei confronti della mia vicenda giudiziaria, non si è fatto condizionare dal pregiudizio, non mi ha respinto come hanno fatto i tanti attestati sulla certezza di ciò che appariva, ha creduto nel valore del romanzo e, pur mettendo nel conto il rischio delle indignazioni strumentali che avrebbe suscitato, non ha esitato ad offrire al lettore un’opera della quale, a suo avviso, non bisognava privarlo. Non solo, ma, oltre che al lettore, ha offerto una chance anche a me e di ciò non gli sarò mai abbastanza riconoscente. Grazie a lui sto incassando con gli interessi il risarcimento per i colpi che il destino mi ha inferto, grazie a lui ho l’opportunità di offrire uno spaccato che scompagina le consuete e abusate categorie criminali con le quali sono stato sbrigativamente liquidato. Come ha scritto su di me Roberto Puglisi con la sua abituale onestà: “Vale la pena di ricamare un pensiero sui pensieri, senza che si sappia se provengono da un demonio o da una persona? Forse si ma è un rischio grave, con l’abisso a un centimetro”. Ecco, se il mio romanzo susciterà dei dubbi sugli irriducibili, se farà chiedere a qualcuno: “Ma chi è veramente Nino Mandalà?”, ma, soprattutto, se riuscirà a commuovere, avrà raggiunto il suo scopo. Senza contare poi l’emozione dell’autore che vede battezzata la propria creatura in un contesto che, per una volta, non lo mette sul banco dell’imputato ma gli fa vivere la sensazione di un riscatto, e l’ebbrezza ubriacante della facile euforia che, con i suoi inganni, gli fa credere di avere conquistato la gloria letteraria. Da qui in avanti nulla sarà più come prima.“

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