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venerdì 4 settembre 2015

Il pubblico ministero

Ai termini dell’art. 358 del cod. di proc. pen. Il pubblico ministero ha il dovere dell’ imparzialità esattamente come il magistrato giudicante. Egli ha infatti l’obbligo di svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore delle persone sottoposte a indagini, concetto che è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza nr. 106 del 26 febbraio 1999. In buona sostanza il pubblico ministero ha il compito di accertare la verità, anche se la verità è a favore dell’imputato. Nei fatti è così? L’argomento torna d’attualità tutte le volte che si dibatte su separazione delle carriere si, separazione delle carriere no, e chi sostiene che non è opportuno separare le carriere, lo fa affermando che col sistema attuale si ha una maggiore tutela dei diritti degli imputati oltre che naturalmente delle parti offese. Il pubblico ministero infatti, proprio perché è un magistrato imparziale e ha l’obbligo di sostenere l’innocenza dell’imputato quando accerta elementi a sua discolpa, è una risorsa in più a garanzia del buon funzionamento della giustizia, risorsa che viene meno nel momento in cui il P.M. veste i panni del magistrato di parte che così diventa un vero e proprio avvocato dell’accusa con la funzione di limitarsi a cercare elementi a carico dell’imputato. Ricordo che in tal senso si sono espressi l’on. Fassino quando era ministro di grazia e giustizia e più recentemente il dottore Spataro, procuratore della Repubblica di Torino. Purtroppo quella che teoricamente è una bella favola è smentita dal modo in cui certi pubblici ministeri la interpretano. Lo dico a ragion veduta perché sono stato vittima di qualche “svista” durante i miei processi. Un pubblico ministero per esempio, sicuramente per distrazione e in perfetta buona fede, dimenticò di acquisire agli atti le dichiarazioni che un collaboratore di giustizia aveva rilasciato a mio favore. E, ne sono convinto, sempre per distrazione, in altra occasione, una intercettazione dalla quale appariva evidente la mia estraneità ai reati dei quali venivo accusato, non approdò in aula se non dopo che l’episodio venne alla luce grazie alla rivelazione di un pentito e il pubblico ministero fu invitato dal presidente della corte a produrre il testo dell’intercettazione. Distrazioni, sicuramente, ma guarda caso sempre a danno dell’imputato che dovrebbe essere garantito dall’imparzialità del pubblico ministero. Viene il sospetto che il magistrato inquirente che ha il compito di costruire l’impianto accusatorio, si affezioni alla sua creatura e la difenda anche sfidando i richiami della sua coscienza e le prescrizioni del codice. O che si senta investito del compito di redimere la società e obbedisca all’impulso del giustiziere manipolando la verità invece di accertarla. La natura umana, come si sa, ha le sue debolezze e forse è il caso di darle una mano assegnandole compiti chiari che non la sottopongano a tentazioni.   

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