Quando si parla di Cuffaro si tende a
dimenticare che egli sta saldando il suo debito con la giustizia
rispettando la sentenza che lo ha condannato definitivamente e
scontando la pena in maniera esemplare. Agli sciacalli in agguato,
sempre pronti a banchettare con le spoglie dei cadaveri, tutto questo
non basta. Su Cuffaro si accaniscono come se si sentissero truffati
dal fatto che egli continui a vivere e lo faccia tenendo un
comportamento forte e onorevole nel momento più drammatico della sua
vita. Per i giacobini con la bava alla bocca chi ha sbagliato non ha
possibilità di redenzione e deve essere accompagnato fino alla fine
dei suoi giorni dalla gogna. Non paghi delle sentenze di condanna
vomitano un livore mai sazio e sempre assetato di sangue. A qualcuno
sfugge che le sentenze della magistratura non pronunciano verità
assolute. Esse sono definitive per le pene che producono ma per il
resto hanno un valore relativo perché sono il frutto del
convincimento del giudice il quale ha sicuramente gli elementi per
emettere una sentenza equa e lo fa nella maggior parte dei casi, ma
può anche sbagliare in perfetta buona fede e, in alcuni casi,
persino in malafede, come succede quando egli traduce il libero
convincimento in arbitrio, obbedendo a pregiudizi e a un malinteso
senso della sua funzione. In presenza di una sentenza che ci appare
ingiusta e che per questo motivo non condividiamo, possiamo essere
indotti a non rispettarla cedendo ad una tentazione che però non
possiamo permetterci, perché le sentenze, qualunque sia la
percezione che nutriamo nei loro confronti, sono le pronunce di uno
Stato che ci siamo scelti e vanno rispettate. Fermo restando ciò,
deve essere però altrettanto chiaro che le sentenze non possono e
non debbono essere il viatico per la demonizzazione del reo. A parte
il dubbio nei confronti di una verità di cui non si ha certezza
assoluta ma che produce danni assoluti per la vita di un uomo, si
impone la pietà dovuta a chi cade e, quando egli imbocca la via del
riscatto, anche l’onore delle armi. I moralisti in servizio perenne
che non si rassegnano alle sentenze dei giudici e pretendono di
andare oltre allestendo tribunali speciali nelle piazze e facendo
giustizia sommaria, commettono una mostruosità, perpetuando una pena
che vanifica il già accidentato cammino della redenzione. A questi
miserabili va tutto il disprezzo dovuto a chi fa mercato delle vite
umane.
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