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sabato 10 gennaio 2015

Il Papa e l’Islam


Ci sono due avvenimenti che in questi giorni appassionano l’opinione pubblica, la polemica scoppiata a proposito della svolta impressa alla Chiesa da Papa Francesco che ha visto contrapposti Vittorio Messori e Leonardo Boff, e gli attentati di Parigi. Per quanto riguarda il primo argomento, sorvoliamo sui toni liquidatori di Boff che pretende di avere il monopolio della verità e della infallibilità e non tollera posizioni  diverse dalle sue, bollate addirittura come “grossi vuoti di pensiero”. Beato lui che, per dirla con monsignor Livi, ha il dono di confondere le sue congetture con la verità divina. Se invece vogliamo occuparci di cose serie, bisogna dire che i rilievi mossi in tono pacato e rispettoso da Messori, innamorato nonostante tutto del suo Papa, all’operato di Francesco, non sono del tutto peregrini. Io che sono meno innamorato di Messori, mi permetto di osare di più e dico che il Papa dovrebbe essere un po’ meno incline a forme di “rottamazione” care ai comuni mortali. Egli contiene in sé il mistero di un miracolo consegnatoci duemila anni fa e conservato grazie ai fasti della Chiesa e non dovrebbe, a mio avviso, desacralizzare il suo ruolo offrendosi agli umori della gente, prestandosi  alla promozione di istanze sociali e assecondando gli impulsi di un terzomondismo venato di pregiudizio ideologico e dogmatico. La Chiesa ha tanto da farsi perdonare e il Papa fa bene a tentare di ricondurla alla umiltà delle  sue origini, all’amore per i poveri e all’attenzione per i più deboli, senza però confinare il suo magistero unicamente entro le anguste frontiere dell’eticamente e socialmente corretto e ricordando sempre che Egli è sapienza di Dio, sospeso tra misericordia ed estasi, trascendente e sottile come la lama dello spirito e non può confondersi con il livore di un Boff, la cui invocazione dello spirito santo ha tutta l’aria di una chiamata alle armi per la riproposizione di una utopia velleitaria che ha fatto il suo tempo e tanti guasti. E invece con la sua indulgenza verso certi miti, Francesco da l’impressione di nutrire una sorta di risentimento per la sua Chiesa, per quello che essa è stata in alcuni  periodi oscuri della sua storia, e di volerla punire, dimenticando che, proprio grazie a questa storia pur contraddittoria, il Papa può parlare in nome di Cristo e, in nome di Cristo e non della Teologia della liberazione, esercitare il proprio magistero.
E giusto per agganciarci alle imprese di cui si sta rendendo protagonista in questi giorni un certo Islam, nel suo magistero ci dovrebbe essere pure una difesa più convinta dei suoi figli perseguitati, la rabbia del padre che rovescia il tavolo e brandisce la sua ira contro quanti massacrano i cristiani in medio oriente e in Africa, invece di tendere la mano ai carnefici in uno slancio ecumenico che può essere frainteso. In Europa, una Chiesa cattolica poco risoluta, la cultura giudaica-cristiana che ha permeato la società occidentale, le coscienze laiche eredi della civiltà greco-romana e dei lumi, hanno rinunciato alla loro identità consegnandosi a identità ben più forti e determinate. Le fosche profezie Houellebecq non sono così farneticanti e gli spari di Parigi ne sono una sinistra conferma. Quando insorgiamo contro la barbarie che ci sta investendo non vogliamo sentirci bacchettare da chi grida all’intolleranza. Così come critichiamo le declinazioni della nostra fede che non ci convincono, abbiamo il diritto di criticare un modello religioso e culturale incompatibile con il nostro, dove, e parliamo dell’Islam moderato, la donna non ha gli stessi diritti dell’uomo, non c’è libertà di culto, non c’è libertà di stampa, il fondamentalismo religioso si è impadronito dello Stato. È una differenza di cultura che ci riguarda quando incrocia le nostre contrade, insidia la nostra cultura e fa da incubatrice all’intransigenza di giovani cresciuti tra noi ma col cuore sintonizzato sui feticci delle loro origini, annidati  tra le nostre famiglie e pronti a colpire. Allora abbiamo il diritto di insorgere e la nostra ribellione non può essere scambiata per  islamofobia.  Il nostro non è un incitamento all’odio ma una richiesta d’aiuto a capire se ci possiamo fidare di Ismail che condivide la nostra tavola, che è inserito a pieno titolo nelle pieghe della nostra società, che appare così mite. È una richiesta che indirizziamo a quanti non ci concedono il diritto alla paura e a gridare il nostro allarme. Ed è una richiesta che rivolgiamo allo stesso Ismail, il solo in grado di convincerci che non abbiamo nulla da temere da lui. Certo se Ismail, intervistato, dice che quelli di  Charlie Hebdo se la sono cercata, c’è da stare poco allegri.

1 commento:

  1. Ottimo articolo, come del resto tutti quelli che ho il piacere di leggere con assiduità sul Suo blog. Le avevo scritto una mail nel giorno 3, rimandata anche il 4 del corrente mese di Gennaio. Non ho avuto ancora riposta. Spero di avere presto Sue notizie, non credo di aver fatto nulla che possa averLa offesa...Con stima immutata. Michele Nardelli

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