Il garantismo peloso
Al meeting di Rimini Alfano, con riferimento alla condanna
di Berlusconi, ha evocato il sacrificio di Gesù e invocato l’esigenza di un
giusto processo. A parte l’arditezza del confronto, indispone il doppiopesismo
di un garantismo di convenienza che il nostro invoca in difesa dell’amico e che
invece, da ministro di grazia e giustizia, ha calpestato inasprendo il 41bis e
non facendo nulla per disinnescare la vergogna delle decine di migliaia di
detenuti in attesa di un primo giudizio che scontano il carcere preventivo,
alcuni appunto in regime di 41bis.
Capisco che le cause non sono tutte uguali e che le cause di
Berlusconi sono più uguali delle altre, ma per carità un po’ di senso della
misura.
Nessuno nega che nel pianeta giustizia ci siano delle ombre
e che nei confronti del Cavaliere si sia esagerato, ma c’era bisogno che si
arrivasse alla condanna definitiva di Berlusconi per scoprire le anomalie del
sistema e scandalizzarsene solo perché un bisonte di razza è stato sacrificato,
quando in precedenza tanti vitellini anonimi sono stati abbattuti nelle varie
macellerie della giustizia italiana senza che da nessuno e tanto meno da Alfano
si levasse un cenno di protesta?
E a proposito di giusto processo, Alfano si è accorto solo
adesso che i processi in Italia non sono giusti, che gli elementi vengono
valutati secondo il libero, che più libero non si può, convincimento del
giudice e le sentenze vengono emesse al di là di ogni ragionevole certezza?
Andiamo On. Alfano, non cada dalle nuvole e ci risparmi le
sue acrobazie, si attivi pure nell’opera di soccorso a favore di Berlusconi ma
lo faccia senza scomodare Gesù. E soprattutto senza provocazioni sulla
sofferenza di tanti poveri cristi che stanno scontando, al contrario di
Berlusconi, un conto più o meno meritato, rassegnati alla ineluttabilità di una
giustizia che il mai abbastanza citato Trasimaco definì il diritto del più
forte! Ebbene, il diritto del più forte nel ventennale conflitto tra Berlusconi
e la magistratura, è risultato essere quello dei magistrati. Il Cavaliere non
ha saputo combattere una battaglia degna che si librasse al di sopra del suo
interesse, si è lasciato risucchiare in una guerra personale in cui si è
consumato il regolamento di conti in sospeso tra contendenti che si detestavano
piuttosto che cercata una onesta soluzione per la giustizia e il cui esito è
stato vissuto come una sorta di soluzione finale nei confronti del nemico
sconfitto. Questa guerra Berlusconi l’ha perduta, ne prenda atto e non si ostini
a reclamare un occhio di riguardo per il suo “particulare” mentre il
“particulare” dei comuni mortali marcisce in fondo a una cella. Per una volta
voli alto e non consideri suo interesse l’ottenimento di un salvacondotto
purchessia ma il suo amor proprio. Vada
incontro alla sua sconfitta con dignità, senza pretendere improbabili
concessioni.
Dopo di che eserciti in tutta tranquillità il suo diritto di
dire ciò che pensa e di continuare a guidare il partito che ha creato senza
curarsi di ridicoli sdoganamenti della sua agibilità politica e, se ne è
capace, la politica cominci a farla sul serio.