Evasione per necessità
Non sono tra quelli che, come Padoa Schioppa, fanno il
panegirico delle tasse. Quando parliamo
di tasse dobbiamo andarci piano con le mozioni d’affetto perché parliamo pur
sempre di una imposta che evoca con la sua stessa radice il concetto di
imposizione di un balzello accettato obtorto collo e non certo con gioia.
Detto questo però riconosco il valore civico di una risorsa
che permette di finanziare il patto tra cittadini. L’economia di uno Stato non
può funzionare se non c’è il contributo di tutti i cittadini nella misura in
cui ciascuno può. Chi si sottrae a quest’obbligo produce un danno all’economia
della società e costringe gli altri cittadini ad un sacrificio maggiore ed
ingiusto. Diciamolo pure, l’evasore non è niente altro che un delinquente il
quale ruba ai suoi simili. Però non bisogna mai dimenticare che quando parliamo
di contribuenti, parliamo di cittadini che devono avere i mezzi per contribuire
e quando parliamo di Stato, parliamo di una entità oculata che, come un buon
padre di famiglia, ha il dovere di
utilizzare con giudizio i tributi dei cittadini. Al dovere civico della
contribuzione deve corrispondere il senso di responsabilità dello Stato. Questa
riflessione è propedeutica ad una valutazione della recente dichiarazione di
Fassina a proposito degli evasori per necessità, lontana dai parossismi che
l’hanno accompagnata.
Se lo Stato è uno Stato scialacquone che sperpera il denaro
dei contribuenti, li vessa con una tassazione predatoria e mette il cittadino
nella condizione di dovere scegliere tra l’opzione di salvare la propria
azienda negando una contribuzione al di sopra delle sue possibilità o quella di
rifiutarsi di evadere condannando al collasso la propria azienda, sfido quanti
danno fiato al giacobinismo ipocrita nei confronti di Fassina, a dire in
coscienza per quale scelta opterebbero. Il salvataggio di una azienda ha un
valore sociale esattamente uguale alla funzione sociale dei soldi pubblici,
anzi un maggior valore se lo sperpero dei soldi pubblici vanifica la funzione
sociale di essi.
Frederic Bastiat, pensatore liberale senza molte illusioni,
interrogato sul significato di Stato, se ne uscì con un paradosso: “Lo Stato è
la grande illusione attraverso la quale tutti sperano di vivere alle spalle
degli altri!”. Se lo Stato incoraggia questa corsa all’espediente concedendo
laute prebende ai fortunati possessori di privilegi e illusioni agli sfortunati
rimasti fuori dalle corporazioni, finisce per rendersi responsabile di un vero
e proprio raggiro, la tassa assume l’aspetto odioso di una estorsione e rischia
di perdere il diritto alla sua
inviolabilità.
Padoa Schioppa va bene, ma la liturgia del lavacro
tributario fino al sacrificio estremo, quella no.