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lunedì 17 giugno 2013

Il libero convincimento

E’ di questi giorni una polemica tra Piero Ostellino, prestigiosa firma del Corriere della Sera, e il dottor Oscar Maggi, presidente della IV sezione del  Tribunale di Milano, che ha emesso la sentenza di condanna contro Paolo e Silvio Berlusconi per divulgazione di segreto d’ufficio nella vicenda Unipol. Ostellino accusa Maggi di avere emesso “una sentenza surreale……e che pur di condannare Berlusconi si sia arrivati ad inventarsi un’accusa ideologica” , Maggi replica che si è limitato ad applicare la legge in presenza di un reato. Dico subito che sto dalla parte di Ostellino precisando, come fa lui, che di Berlusconi non me ne può fregare più di tanto ma mi frega, eccome, se il dottor Maggi condanna i Berlusconi per un reato che non hanno commesso. I Berlusconi si sono limitati a pubblicare una notizia che proprio perché era giunta fino a loro era già stata privata della sua segretezza altrove e da altri. Il reato era già stato consumato e l’autore di esso andava cercato presso chi aveva fornito una notizia coperta da segreto istruttorio e nel luogo in cui il segreto era stato violato e cioè presso le stanze del Palazzo di Giustizia di Milano.
Si dice che le sentenze vanno accettate e sono d’accordo perché non ci si può sottrarre alla coazione della norma, ma accettarle non significa non poterne dissentire. In definitiva si tratta pur sempre di verità processuali e quindi di verità relative che nascono dal libero convincimento del giudice soggetto a fallire. Ne so qualcosa perché ho subito una condanna sulla base del libero convincimento del mio giudice il quale ha ritenuto attendibile un collaboratore di giustizia che un altro giudice, in altro processo, con altro imputato, ma in relazione a identiche circostanze, non ha ritenuto attendibile giungendo ad una sentenza di assoluzione. Uno dei due giudici evidentemente ha sbagliato ed io che non sono nato sotto una buona stella mi sono ritrovato dalla parte sbagliata.
La morale è che siamo costretti a fare i conti con l’anomalia di una giustizia che valuta in maniera strabica episodi analoghi, che assolve o condanna un imputato con sentenze che evocano scenari altalenanti, che emette una sentenza di condanna nei confronti dei Berlusconi per divulgazione di segreto d’ufficio ma non esercita pari severità nei confronti del dilagante costume di far apparire sui giornali notizie coperte dal segreto istruttorio che l’indagato apprende dai giornali prima che dalle fonti ufficiali. In questo modo la certezza del diritto spesso paga pegno all’ondivaga valutazione del magistrato che decide che cosa è reato o no in omaggio non alla legge ma “alle domande di giustizia diventate domande sociali” come acutamente osservato dal Presidente di sezione della Cassazione G. Maria Berruti.

Quando il giudice invece di ubbidire alla legge, ubbidisce alla propria rabbia, alla suggestione, al politicamente corretto, agli orientamenti della piazza e ideologici, ad un malinteso senso della propria funzione, può accadere che il pregiudizio prenda il posto del libero convincimento.

4 commenti:

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  2. Ma quand'è che ci sarà una "vera" riforma della giustizia, dott. Mandalà? Quando si potrà vivere sicuri da "angosce" come quella a cui sono sottoposte tante persone a cui nella giustizia, come dice Lei, "il pregiudizio prende il posto del libero convincimento"? Fa molta impressione tutto ciò, in quanto sembra un potere, quello della giustizia, se usato nei modi da Lei descritti e che noi vediamo, più forte di quelli (dalla giustizia stessa) tanto criticati e disprezzati.
    Confido in una Sua gentile risposta. Cordialmente. Michele

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  3. In pratica, Dott. Mandalà, se le cose funzionano in questi termini, senza una "riforma" nel senso più serio che vogliamo intendere a tale parola, alcuni personaggi del "potere" giustizia potranno fare il bello ed il cattivo tempo. Questa cosa non riesco a mandarla giù, non ci riuscirò mai, e, nel mio piccolo sarò sempre al fianco di chi ha subito condanne sulla base del libero convincimento del giudice di turno, senza alcun timore di esprimere liberamente tale pensiero. Cordialmente. Michele

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