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sabato 20 aprile 2013


A proposito di cultura

Definire il significato di cultura è impresa ardua. Forse è più facile dire che cosa non è cultura.
Non è cultura l’arroganza dei manichei che non conoscono sfumature e non nutrono dubbi, stabiliscono nettamente e vaticinano demonizzando chi dissente da loro. La nostra cultura è stata monopolizzata da tempo da una élite che, in ragione di una pretesa superiorità intellettuale, emargina chi non si fa omologare e colonizza le menti condannandole al pensiero unico.
Non è neanche cultura di contro la dittatura della moltitudine vociante afflitta da vuoto pneumatico che, in odio al regime della suddetta élite ma anche in spregio a tutto ciò che con la cultura ha qualche attinenza ed è guardato con sospetto come un inutile orpello, banalizza le nostre aspirazioni mettendo all’indice il diritto di una società a volare per i cieli di una dimensione superiore sotto la guida di maestri sapienti, sotto l’influsso della bellezza e dell’arte che ci rimandano a sensazioni nobili, e strepita all’insegna dell’ovvio. Basta navigare in rete per imbattersi nel qualunquismo dei soliti noti in servizio permanente effettivo che hanno portato il cervello all’ammasso e che, al riparo di pseudonimi improbabili, dilagano pretendendo di imporci la loro insulsaggine.
Non è cultura la pretesa di rivendicare il monopolio della moralità e nel suo nome consumare arbitri che con la morale non hanno alcuna parentela. La storia è ricca di episodi di giacobinismo che hanno prodotto altrettanti casi di eterogenesi dei fini grazie all’intolleranza di sanculotti privi di una rivoluzione da compiere ma non del livore con cui rumoreggiano ai piedi del patibolo di turno invocando giustizia sommaria. Nel primo libro della Repubblica Platone fa dialogare Socrate e Trasimaco e fa dire a quest’ultimo che la giustizia è l’interesse del più forte. È l’esemplificazione della morale dei nostri Robespierre.
Non è cultura la disonestà intellettuale dei politici che ci ammanniscono le loro convenienze gabellandole per progetti di bene comune che alla fine si traducono in disastro comune, fatti salvi i soliti privilegi. Non è cultura la loro voracità e la loro improntitudine, semmai è cinismo che si staglia tra i sinistri bagliori della disperazione che hanno creato. 
Non è cultura l’ipocrisia di chi non si arrende alla disuguaglianza dataci dalla natura e pretende di imporci l’uguaglianza dall’alto, ignorando che è veramente uguale chi è libero di forgiare la propria identità. E’ così che la nostra società si indirizza sempre più verso la massificazione dell’individuo che scoraggia l’iniziativa e condanna all’incapacità di produrre ricchezza.
Non è cultura la piaggeria della stampa che ha dimenticato la lezione di Terzani di ringhiare ai polpacci dei potenti e si fa complice di essi.
Non è cultura l’insensibilità con cui trascuriamo i ceti deboli tradendo il patto con i nostri concittadini e relegandoli nella indigenza di condizioni economiche da terzo mondo o nell’inferno di condizioni morali da suicidio. I nostri anziani e i nostri carcerati sono lì a testimoniarlo.
E’ ignoranza crassa e diffusa quella di un popolo che ha perduto la memoria delle proprie origini e si è arenato nelle secche di un provincialismo che lo confina ai margini del sapere e della dignità delle condotte, che non conosce Dante, la Costituzione, la propria lingua, anzi non conosce le lingue e si rifugia in inglesismi che usa a sproposito, che non sa onorare le testimonianze della sua storia, che devasta le bellezze di una splendida nazione. Questo popolo ha dato la misura di se e della propria inadeguatezza per una parte delegando alla guida del Paese uomini i quali, in una fase storica delicata che esigeva uno scatto di reni, non hanno saputo fare altro che disunirsi nella elezione del Capo dello Stato, e per la restante parte sostituendo la politica con la farsa e individuando il suo leader in un comico il quale pretende di cambiare la nostra democrazia rappresentativa in democrazia diretta condizionata da una opinione pubblica minoritaria e organizzata, a digiuno di politica e di cultura che, in una sorta di legge del contrappasso, detta la via alle élite. In questo marasma la politica non ha saputo fare di meglio che chiedere di essere soccorsa da un uomo di 87 anni, rimasto l’unica risorsa spendibile.
La non cultura ci consegna il panorama di un Paese che non può perché, a causa della mancanza di strumenti culturali, non ha la capacità di fare o, se può, non vuole perché il suo limite morale gli impedisce di fare. 

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