L’alienazione ci è sempre più compagna. Viviamo in una
dimensione surreale che ci allontana dalla vita.
Ieri sera al cinema, durante l’intervallo fra un tempo e
l’altro, ma persino durante la proiezione, ho visto una coppia di fidanzatini
smanettare ciascuno sul proprio telefonino. Non una parola fra di loro, non un
minimo di effusione, la complice oscurità della sala che un tempo incoraggiava
una tenera e pudica intimità, sostituita dalla relazione morbosa con l’apparecchio
oggetto di un amore raggelante.
Le nostre strade sono percorse da strani personaggi che
vanno in giro come in trance alle prese con i tasti dell ipod, dell’ipad, del
tablet e diavolerie elencando, che danno l’impressione di matti dialoganti con
se stessi, stralunati campioni di una umanità disancorata dal contesto che la
circonda.
A casa i nostri figli non appartengono più al nucleo
familiare, li vediamo transitare di sfuggita, giusto il tempo di rifugiarsi
nelle loro stanze a “farsi” di dialoghi virtuali, di burrachi on line, di
esposizione in piazza delle loro intimità più recesse. Se volete sapere quello
che i vostri figli non vi hanno mai detto, basta andare su facebook.
Persino a tavola, mi confida un amico sconfortato, suo
figlio si porta appresso il tablet quasi fosse una proiezione di se stesso, e,
fra una portata e l’altra, traffica con esso. Come l’etilico rifugio di una
volta ci allontanava dai problemi, il computer di oggi ci dispensa dal dialogo
e ci fa ignorare ciò di cui non discutiamo. Non cogito ergo non sum, la nostra
gioventù, priva di coordinate che la guidino, se ne va per la discarica dei
rifiuti umani. Adulti che in altri tempi avevano già costruito le basi del loro
futuro, bivaccano a casa dei genitori, imbrocchiti dalla loro inutilità,
assillati dai loro bisogni, avvelenati dal livore nei confronti dei padri che
ne alimentano i vizi dopo aver loro negato un futuro.
C’è naturalmente dell’altro e non abbiamo motivo di
rallegrarci. C’è chi non si accontenta della paghetta del genitore o non è
nelle condizioni di disporre neanche di quella e in qualche modo risolve. Non
certamente rivolgendosi agli ammortizzatori sociali o al mercato del lavoro asfittico
e privo di risposte. Il tasso di disoccupazione dei giovani al 33,9% è l’unica
risposta che il mercato riesce a dare a chi ha voglia di lavorare. Figuriamoci
agli altri! Il problema oggi coinvolge nella stessa misura gli onesti e i
disonesti. Il senso di inutilità genera disperazione e la disperazione è
cattiva consigliera. Volete che anche gli onesti non si lascino tentare da espedienti
che li aiutino in qualche modo a mettere d’accordo il pranzo con la cena? E’
così che la nostra società produce degli infelici che decidono di imboccare delle
scorciatoie per sopravvivere incalzati dai sussulti della propria coscienza e
dal timore di incappare nei rigori di uno Stato il quale ha gioco facile nel
colpire l’illecito di piccolo cabotaggio senza alcuna indulgenza per la frustrazione
in cui esso matura, e di contro si arrende ai grandi torti consumati al riparo
di compiacenti connivenze. Animato da una doppia morale il nostro Stato si
impegna nella lotta alla criminalità stracciona, laddove la morale andrebbe
maneggiata con cautela, e trascura le scorrerie dell’illecito d’alto bordo nei
cieli rarefatti delle élites lobbistiche. I boiardi di Stato, i soli che sanno
muoversi nella giungla della pubblica amministrazione e, conoscendo le
opportunità più appetibili di essa, sanno dove puntare per accaparrarsi fette
importanti del bottino facendo incetta di incarichi e cumulando
illegittimamente laute prebende, che monopolizzano
il funzionamento della macchina dello Stato e ne impediscono qualsiasi modifica
piegandola ai propri interessi particolari, i corsari della finanza che cannibalizzano
la nostra economia, i politici trombati che
rientrano in gioco imboscandosi nei sottoscala dei carrozzoni pubblici e
sottraggono opportunità ai precari, sono quel campionario di umanità disonesta,
zoccolo duro di un malaffare scudato dall’impunità, che irride alle
tribolazioni del comune cittadino e, acquattato nei salotti felpati della
inaccessibilità, provoca danni, se possibile, maggiori della criminalità
comunemente intesa.
Anche nel mondo dell’illecito, come sempre, i piccoli
finiscono sempre per pagare il conto.
Il mio solito amico mi ha confidato che si sentirà veramente
tranquillo solo quando riuscirà a perdere i suoi figli convincendoli a fuggire
dalla loro tentazioni disperate e da uno Stato iniquo, verso una patria più
giusta.
"I boiardi di Stato, i soli che sanno muoversi nella giungla della pubblica amministrazione e, conoscendo le opportunità più appetibili di essa, sanno dove puntare per accaparrarsi fette importanti del bottino facendo incetta di incarichi e cumulando illegittimamente laute prebende, che monopolizzano il funzionamento della macchina dello Stato e ne impediscono qualsiasi modifica piegandola ai propri interessi particolari, i corsari della finanza che cannibalizzano la nostra economia, i politici trombati che rientrano in gioco imboscandosi nei sottoscala dei carrozzoni pubblici e sottraggono opportunità ai precari, sono quel campionario di umanità disonesta, zoccolo duro di un malaffare scudato dall’impunità, che irride alle tribolazioni del comune cittadino e, acquattato nei salotti felpati della inaccessibilità, provoca danni, se possibile, maggiori della criminalità comunemente intesa".
RispondiEliminaCome mi trovo d'accordo, Dott. Mandalà, con queste forti, stupende e, al tempo stesso, reali affermazioni e descrizioni che dovrebbero far riflettere chi di dovere... Ma, come ben sappiamo, le cose continuano ad andare in questo modo. Eppure io spero sempre in una "svolta" e la speranza, come si dice, è l'ultima a morire. Nel frattempo combattiamo, come antichi guerrieri, nel nome di un'ideale....