Stamattina il mio amico Arnaldo col quale sono solito fare
la mia passeggiata quotidiana, mi ha accolto con una espressione grave che
lasciava trasparire una profonda irritazione. Saltati a piè pari i saluti, si è
abbandonato ad una vera e propria filippica mulinando le mani contro immaginari
interlocutori. Arnaldo è un tipo cheto e pacato, tocca a lui il più delle volte
tenere a freno il mio carattere sanguigno durante le discussioni che ci vedono
impegnati nel commento degli avvenimenti del giorno. Abbiamo entrambi un’età
che scoraggia passioni, ne abbiamo viste tante e non ci stupiamo più di nulla.
Stamattina invece Arnaldo ha abbandonato il suo solito aplomb per sostituirlo
con una cascata di improperi. Urlava che è una vergogna dovere assistere alla
violenza perpetrata da pochi unti dal Signore che credono di essere i soli
depositari della verità e si arrogano il diritto di disprezzare l’opinione
degli altri. Non riuscivo a capire e mentre lui continuava nella sua tirata, mi
veniva in mente Don Ciccio Tumeo che, sfogando la sua rabbia col Principe di
Salina, imprecava: “….quei porci s’inghiottono la mia opinione, la masticano e
poi la cacano trasformata come vogliono loro. Io ho detto nero e loro mi fanno
dire bianco….”.
Tentavo di calmare il mio amico mentre, come un fiume in
piena, egli proseguiva: “ Io non ho votato per Berlusconi, ha tradito le mie
attese e non gliela perdono, dunque la mia non è una difesa d’ufficio. Ma ci
sono tanti miei amici che hanno votato per lui assieme a 9.000.000. di elettori
e non sopporto che quattro arroganti sfigati che pretendono di avere il
monopolio della moralità e che sono gli ultimi epigoni di una stagione fallita,
che hanno sempre maramaldeggiato con la reputazione della gente, se ne fottano dell’opinione
di un terzo degli italiani reclamando l’ineleggibilità dell’uomo da essi votato
ripetutamente da vent’anni a questa parte. Che cosa sono degli imbecilli questi
italiani, mentre quattro gatti che non riescono a mandare un loro uomo in
Parlamento hanno l’arroganza di dettare legge?
Detesto questi moralisti da strapazzo che mi costringono a difendere la
mia libertà attraverso un uomo che non amo”.
Il buon Arnaldo probabilmente senza saperlo scomodava
addirittura Voltaire ed io capivo
finalmente che egli ce l’aveva con la manifestazione organizzata da MicroMega e
dal suo vate Flores d’Arcais con cui, tanto per cambiare, è stata rimarcata l’assolutezza
del male rappresentato da Berlusconi e se ne è chiesta la rimozione attraverso
la scorciatoia della legge e, nel caso specifico, di una legge poco chiara e
dalla applicabilità controversa. Ma tant’è, legge o non legge, il salotto buono
dell’Italia del bon ton e di una minoranza ossessionata dal mito della propria
superiorità morale e intellettuale che pretende di esercitare il suo potere di
interdizione, mosca nocchiera di una borghesia prona e dal perbenismo di
facciata, non può tollerare che un’altra Italia vista come rozza e impresentabile
vi si contrapponga e ne ha negato da tempo il diritto di esistere ed avere un
suo ruolo. Convertita questa Italia e sparito Berlusconi, i guai dell’Italia,
come d’incanto, si dissolverebbero, specie se la guida del Paese venisse
affidata agli uomini d’oro di platoniana memoria. Riuscii finalmente a calmare
il mio amico e gli spiegai che non c’era niente di nuovo sotto il sole, che
nell’iperuranio dell’intellighentia italica svettano le menti degli allievi di qualcuno
che prima di loro si è inventata
l’etica, il ginevrino J. J. Rousseau che parlò di volontà generale, ovvero di
interesse collettivo, cui è doveroso ubbidire: “Chiunque rifiuterà di obbedire
alla volontà generale vi sarà costretto da tutto il corpo, il che non significa
altro che lo si forzerà ad essere libero.” Strana contraddizione in termini la
costrizione alla libertà e peccato che la volontà generale non coincida con la
volontà di tutti ma solo con quella dei magistrati vagheggiati da Rousseau i
quali, nel nostro caso, hanno stabilito che 9.000.000. di elettori non contino
in confronto alla raffinatezza delle loro menti, le sole autorizzate a pensare
per conto di tutti e decidere quale è l’interesse collettivo.
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