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venerdì 8 febbraio 2013

Uomini e donne in carcere


Il Presidente della Repubblica, in visita a San Vittore, si è commosso di fronte alla realtà con la quale è venuto a contatto. Certo è dura confrontarsi con i relitti di uomini affidati alla custodia dello Stato e trattati con cura inferiore a quella che noi tutti riserviamo alle bestie. La vista di un cagnolino maltrattato, di un somaro sottoposto a percosse, di un cardellino rinchiuso in una gabbia angusta, suscita in noi un moto di compassione che non riusciamo a sentire in pari misura nei confronti di uomini e donne che hanno sbagliato ma che meritano di scontare la loro pena in un contesto di civiltà, di una umanità dolente che soffre nelle nostre carceri e che rimuoviamo con  fastidio quasi a volere seppellire nel nostro intimo il senso di colpa per un fallimento di cui ci sentiamo confusamente responsabili.
Questi reietti della società di cui crediamo di liberarci relegandoli nei gulag delle nostre carceri, sono in verità parte della nostra vita perché di essi siamo complici. Lo siamo nella misura in cui veniamo meno all’etica del buon vivere più spesso di quanto non crediamo. Un mio conoscente che non manca mai di scagliarsi contro i malavitosi che attentano alla sicurezza della nostra collettività, non perde neanche l’occasione, tutte le volte che può, di trasgredire la legge e l’imperativo morale, evadendo le tasse, barando al gioco, taccheggiando nei supermercati, mentendo alla moglie. Certo la criminalità professionale è tutt’altra cosa e probabilmente egli si rammarica perché essa mette a rischio l’ovattata sicurezza del suo squallido mondo di trasgressioni. E’ l’elasticità dell’etica. E in nome di questa elasticità appare meno grave della criminalità organizzata per fini mafiosi la criminalità organizzata nei cieli della nostra finanza, della nostra politica, della nostra amministrazione pubblica. Là scorre il sangue, qua scorrono le nostre vite violentate, il futuro dei nostri figli cancellato, la qualità della nostra vita immiserita, le nostre tasche svuotate del necessario che serve a giungere dignitosamente a fine mese. Cosa pensate che passi per il cuore dei nostri figli quando sono costretti a misurarsi con il fallimento della loro vita, quando, vegetando fra le mura di casa, sono costretti a piatire la paghetta dai genitori in un’età in cui la paghetta dovrebbero darla loro a figli che non hanno potuto procreare? Pensate che attribuiranno il loro fallimento ai relitti che soggiornano nelle patrie galere o ai criminali in guanti bianchi che imperversano impunemente nel tessuto della nostra società al riparo di consorterie e procurano danni che si riversano su ciascuno di noi? I grand commis i quali si tramandano di padre in figlio incarichi che appartengono al circuito chiuso e impermeabile della burocrazia statale, i forzati dei consigli di amministrazione che si dividono equamente e secondo un criterio di appartenenza lobbistica comode e remunerate cadreghe in società del nostro patrimonio pubblico, politici in uscita dal parlamento che rientrano in gioco con incarichi istituzionali, non sottraggono forse opportunità a giovani probabilmente più meritevoli? Amministratori infedeli verso lo Stato e incuranti di una sana gestione delle aziende loro affidate ma fedelissimi ai propri interessi, finanzieri d’assalto, banchieri al riparo dello scudo della Banca d’Italia, manager incapaci quanto lautamente compensati, tutti impegnati in manovre dai nomi altisonanti, aggiotaggio, insider trading, intenti a rastrellare tangenti e balzelli milionari camuffati da consulenze, non impoveriscono forse tutti noi, condannandoci ad una emarginazione sociale ed economica che diventa sempre più intollerabile? Certo la loro capacità di procurare danni alla società è esercitata in maniera paludata e non colpisce l’immaginario collettivo con la stessa violenza della criminalità organizzata. Godono peraltro della assolutoria ammirazione di una opinione pubblica affetta da mancanza di senso civico e di etica che trova facile riversare il proprio livore sui più comodi criminali tradizionali. Questi con l’armamentario tradizionale di una violenza sanguinaria  producono i danni che sono sotto gli occhi di tutti, ma pagano il conto salato della loro stupidità figlia di una arroganza ostentata. Pagano il conto marcendo in condizioni invivibili e catalizzano il disgusto della gente distraendolo dai criminali in guanti bianchi che invece sanno mimetizzarsi e possono impunemente uccidere le nostre vite più di quanto non facciano la mafia, la drangheta, la camorra, quasi a costo zero. 

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