Ki-Sunck Han, il coreano aggrappato al marciapiedi della
stazione nella metropolitana di New York in attesa di essere travolto e ucciso
dal treno in arrivo sotto lo sguardo di un fotoreporter intento a riprendere la
scena, evoca lo scatto di Kevin Carter che fissa l’immagine di una donna
sudanese allo stremo delle forze e sul punto di morire di fame e di stenti,
osservata a distanza da un avvoltoio.
L’orrore consiste non tanto o non solamente nella scena
della morte in diretta, quanto nella indifferenza della folla che assiste
passiva senza intervenire e si assiepa a tragedia avvenuta attorno al corpo
martoriato con morbosa curiosità riprendendo la scena con i telefonini, e nel
cinismo del reporter che, tra scegliere di impiegare il tempo disponibile per
tentare di salvare un suo simile o impiegarlo per scattare 59 fotogrammi che
gli avrebbero consegnato un macabro scoop, non ha avuto esitazioni, ha
privilegiato lo scoop. E’ l’orrore di una umanità perduta che respinge gli
impulsi dei neuroni specchio e abdica alla propria natura barattandola con le
oscene esigenze di un mercato privo di scrupoli e di ancoraggi morali.
Bene ha fotografato questa nuova frontiera disumana David
Carr sul New York Times parlando di “eunuchi morali che non intervengono quando
il pericolo o il male si materializzano davanti a loro e segretamente tifano
perché il peggio accada”. La cronaca quotidiana purtroppo dissemina il proprio
cammino di episodi di cannibalismo che pur non producendo gli effetti
sconvolgenti di una morte in diretta, tuttavia falcidiano ugualmente vite umane
in nome di malintesi miti da celebrare. Avviene con il diritto di cronaca che
sacrifica ab origine l’onorabilità degli indagati facendo della macelleria
mediatica senza preoccuparsi più di tanto della obbiettività della informazione
se in ballo c’è l’occasione di cavalcare il giacobinismo della gente e lucrare su
notizie commercialmente redditizie.
Meno spietati del reporter del New York Post ma altrettanto
efficaci nel causare vittime, i talebani dell’informazione, poietici reificanti
di verità contraffatte, proliferano lasciando ogni giorno sul terreno vite
irrimediabilmente segnate e reputazioni sfregiate.
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