Nella sua rubrica settimanale “Il dubbio” sul Corriere della
Sera di sabato 4 agosto, Piero Ostellino ha commentato l’intervista a Repubblica
con cui il dr. Ingroia ha lamentato il tentativo d’ingerenza della politica
nell’attività della magistratura.
Piero Ostellino ha gratificato Ingroia di un duro giudizio
accusandolo di essere “afflitto da una imbarazzante carenza scolastica” e ha
rincarato la dose sostenendo che la sua reazione è “frutto di una inadeguatezza
culturale e di una inclinazione a contrapporre Giustizia e Politica”.
Tutto perché Ingroia ha reclamato una maggiore chiarezza da
parte della politica che dovrebbe dire a chiare lettere se c’è una ragion di Stato
che impedisce l’azione della magistratura e l’accertamento della verità a
proposito della trattativa Stato mafia.
Ostellino sostiene che la ragion di Stato non è
“codificabile, bensì immanente alla Politica, è un suo modo d’essere”, ha,
appunto, una sua ragione che si giustifica perché“vuole evitare che uomini
pubblici che si siano (eventualmente) sporcate le mani nel servire lo Stato
siano chiamati a risponderne all’opinione pubblica o ai tribunali secondo la
morale e la legge che regolano i comportamenti del cittadino comune”. Essa è legibus soluta e per questo motivo non può
essere dichiarata o preventivamente comunicata alla magistratura alla quale non
ha l’obbligo di rispondere, e che peraltro non potrebbe accettarne la logica, essa risponde esclusivamente alle
esigenze della Politica che a sua volta risponde solo alla propria coscienza. E’
inutile strapparsi i capelli e gridare allo scandalo, bisogna prendere atto
che, per quanto ciò possa urticare il nostro senso morale, dalla ragion di
Stato qualche volta non si può prescindere, bene inteso sempre che il background
istituzionale sia solido e impermeabile alle derive che da essa possono nascere.
Bisogna che gli uomini che reggono le sorti dello Stato siano integerrimi, che
sappiano valutare le condotte degli uomini che guidano e garantire che essi servano effettivamente lo Stato quando
ricorrono alla ragion di Stato, che insomma siano percepiti così
indiscutibilmente specchiati e al di sopra di ogni sospetto da non destare
alcun dubbio se sono costretti ad una scelta così estrema.
Abbiamo noi governanti di tal fatta? Se si, dobbiamo fidarci
di loro e accettare che “boss mafiosi, generali dei carabinieri, uomini
politici siedano sullo stesso banco degli accusati” senza scandalizzarci. Se
gli uomini di cui ci fidiamo hanno lasciato che servitori dello Stato, accusati
di“essersi sporcate le mani”, venissero incriminati, vuol dire che hanno
ritenuto tali servitori infedeli e degni di meritare un destino pari a quello
del comune cittadino che infrange la legge.
Ma, ecco il punto, è la nostra classe politica all’altezza
del suo compito e possiamo fidarci dei suoi uomini?
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