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mercoledì 8 agosto 2012

Gli zombi


Il popolo degli zombi è perennemente in agguato pronto a consumare il rito dell’eucaristia pagana non appena sente odore di sangue. Esso è infatti puntualmente risorto per cannibalizzare Alex Schwazer caduto in una marcia che ha tentato di correre imboccando la scorciatoia del doping.
Naturalmente non si può solidarizzare con chi ha tentato di falsificare il risultato di una gara e scipparla a chi ha fatto sacrifici onesti. Si può capire perciò la severità con cui Patrizio Oliva ha condannato Schwazer, arrivando persino a censurare le lacrime dell’altoatesino e affermando che è troppo comodo piangere, che le lacrime non possono cancellare la gravità dell’inganno. Si è addirittura augurato che Schwazer sia radiato a vita piuttosto che sospeso per due anni. E’ impressionante assistere alla impietosa reprimenda di Oliva dopo avere assistito alla straziante conferenza stampa di Schwazer e viene da chiedersi se Oliva non abbia esagerato, specie se ci si convince che il pentimento mostrato da Schwazer è sincero. Un po’di rispetto, si potrebbe dire, per un uomo in lacrime che ha saputo affrontare la gogna mediatica esponendosi all’occhio crudele delle telecamere e ha saputo assumersi le sue responsabilità, un uomo, per di più, che ha dato l’impressione di aver vissuto la sua scelta in una solitudine troppo pesante per la sua fragilità, di non avere più sopportato di convivere con essa e abbia deciso di condividerla facendo di tutto per farsi scoprire. Al galantuomo in vena di razzismo alla rovescia che ha scritto : “ In fondo Schwazer non è neppure italiano” è facile rispondere che infatti il comportamento di Schwazer non è da italiani abituati a negare l’evidenza e ad arrampicarsi sugli specchi pur di non assumersi le proprie responsabilità. 
Tornando ad Oliva, pur privo di una qualsiasi forma di pietà, egli ha l’autorevolezza e le carte in regola per consentirsi tanta severità perché ha ottenuto e dato all’Italia i massimi risultati nella sua disciplina imboccando la via maestra del rigore, perché è a contatto continuo con il sacrificio degli atleti che allena e non riesce ad accettare che tutto ciò venga tradito. La sua rabbia dunque, per quanto impietosa, egli se la può permettere.
Chi non si può permettere di infierire su un uomo caduto sono i soliti censori da strapazzo che non perdono occasione per dare sfogo al loro livore da complessati orfani di una qualsiasi impresa che valga la pena di essere ricordata, che traggono dalle disgrazie del loro prossimo la loro ragione di vita, sono i cecchini rosi dalla rabbia della propria mediocrità che si appollaiano sull’albero dell’anonimato per colpire chi fino ad allora hanno dovuto osannare, realizzando così la loro rivincita. E’ la viltà di noi italiani che abbiamo tributato onori e fasti al dittatore quando era in auge e l’abbiamo appeso a testa in giù a Piazzale Loreto quando è caduto.
E, diciamolo pure, con buona pace di tutti i censori in buona o in mala fede, si è fatto troppo rumore per una vicenda che non lo meritava.

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