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lunedì 20 agosto 2012

Casini…


                                                                 
In una lettera al Corriere della Sera l’on.Casini invita a raccogliere la lezione di De Gasperi e, come al solito, si propone con l’aria del bravo ragazzo che cade dalle nuvole denunciando gli errori degli altri.
Evocando le parole di De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”, egli accusa la classe politica e una parte di quella dirigente di avere tradito la lezione di De Gasperi coltivando “gli interessi di partito, di categoria e di corporazione, e poco, o niente,” quelli delle “prossime generazioni”. Aggiunge che il testimone di De Gasperi è stato raccolto “da uomini come Fanfani, La Malfa o Moro, personalità capaci di guidare il Paese, attraverso scelte anche impopolari, fino a risultati straordinari, con tassi di crescita che oggi definiremmo cinesi, un Pil pro capite da quarta-quinta potenza economica mondiale, un’industria manifatturiera seconda solo alla Germania”. L’on. Casini si è nutrito della stessa cultura degli uomini che mostra di ammirare, una cultura che si ispirava ai valori di un malinteso senso di giustizia sociale e di un cattolicesimo di retroguardia che da lì a poco sarebbe stato superato dai nuovi indirizzi della dottrina sociale della Chiesa. Prendendo il testimone di De Gasperi c’era da fare una scelta tra i due vecchi antagonisti di sempre, libertà e uguaglianza, sapendo leggere il messaggio di De Gasperi. L’Italia di allora era una Nazione protesa verso i traguardi decantati dall’on. Casini grazie alla propria forza vitale, al proprio ingegno, alla propria laboriosità e creatività, certamente non grazie all’opera degli eredi di De Gasperi che fecero una scelta di uguaglianza imbrigliando quelle risorse invece di incoraggiarle. In omaggio ad un ideale di uguaglianza calata dall’alto, fu varato un welfare sprecone e lottizzato che incoraggiò la nascita di corporazioni e lobby e finì per fissare disuguaglianze tra privilegiati e non, soprattutto tra le generazioni delle vacche grasse e le generazioni future penalizzate da un saccheggio delle risorse pubbliche che non potevamo permetterci. Assistiamo alla corsa di chi pretende di intestarsi valori liberali, dopo averli ignorati in una corsa folle allo statalismo invasivo che ha soffocato l’economia del Paese pur di garantire consorterie ormai consolidate e difficili da scalfire, mentre le nuove generazioni affogano nei problemi di una esistenza senza futuro grazie ad una scelta che parte da lontano e che è stata fatta dagli uomini che Casini definisce statisti.
Figlio di questa cultura, ad ogni rintocco di campane a morte, il nostro sale sull’ambone a denunciare i tradimenti della politica con aria compunta e  piglio scandalizzato, ma non ci spiega dove era lui mentre si perpetravano questi tradimenti.  

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