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sabato 23 luglio 2011

L’arresto di Papa

L’arresto dell’on. Papa è una delle tante pagine nere della nostra storia. E’ la sintesi di miserabili trame che nulla hanno a che fare con la giustizia e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte ad essa, con la capacità della politica di avvertire un sussulto di dignità e di infliggere a se stessa la stessa sorte che è solita toccare ai comuni cittadini, con la rinuncia a ripararsi dietro l’istituto dell’immunità parlamentare. Non ha la solennità del gesto catartico che riscatta la casta, la nobiltà di una scelta che per una volta sa abdicare alla consueta disinvoltura morale. Nulla di tutto questo, è il risultato ipocrita di maneggi spregiudicati che non si fermano neanche al cospetto di tragedie umane, è la decisione forcaiola di sacrificare una vittima purchessia allo scopo di far cassa, di far dimenticare privilegi e lanciare il messaggio che ai potenti non sono riservati trattamenti di favore. Il risultato, come ha scritto Pierluigi Battista, è che si è deciso di “distribuire l’ingiustizia del carcere preventivo anche nella casta dei privilegiati” oltre che nel ceto dei comuni cittadini.
L’arresto è una delle esperienze più drammatiche che può toccare ad un uomo ed è una misura che la società dovrebbe adottare come atto estremo a difesa della propria incolumità e come castigo per un reato effettivamente e definitivamente accertato. L’arresto preventivo è a maggior ragione drammatico e ingiusto perché parla di una afflizione imposta prima che sia stata accertata la colpevolezza. In Italia esso è diffuso a tal punto che, non solo è tollerato senza scandalo, ma spesso è addirittura invocato. E’ ancora più sentito contro le malefatte presunte o reali di una classe politica avverso alla quale è percepito un sordo rancore che suscita voglia di vendetta e un giacobinismo che ha tutti crismi dell’ordalia i cui esiti non sono facilmente addomesticabili. In genere essi nella loro furia iconoclasta finiscono per essere più disastrosi della causa che li ha determinati. Ci può stare che la voglia di far male appartenga ad una opinione pubblica che acquisisce la consapevolezza dell’ingiustizia perpetrata ai loro danni da una classe politica avida e incapace. Quando si ha il problema di far quadrare i bilanci familiari, quando tre milioni di italiani sono sotto la soglia della povertà e assistono alle indecorose condotte di un ceto politico che si consente privilegi sconosciuti in altri Paesi europei, quando la giustizia con il suo rigore non sempre giusto vale per i comuni cittadini e risparmia i titolari di immunità che si traduce in impunità, diventa difficile sottrarsi alla voglia di coltivare sentimenti di odio e di vendetta. La tentazione dei p.zzale Loreto e delle cacce alle streghe diventano sentimenti che inducono a linciaggi, e allora l’invocazione del carcere diventa un refrain che circola come un veleno nelle vene di un risentimento difficile da controllare. Ci sta meno che questo furore sia cavalcato da chi dovrebbe disinnescarlo. I nostri uomini politici, chiamati a costruire il nostro futuro e a dare esempi alla nostra coscienza, hanno il dovere di essere al di sopra di tentazioni insane quando sono chiamati a decidere della sorte di uomini specie se sollecitati dagli umori delle piazze esasperate dal disgusto per la politica. E’ in questi casi che i nostri uomini di potere devono sapere ritrovare la freddezza della mente lucida e l’onestà di scelte dettate da coscienze limpide, devono essere capaci di disobbedire a convenienze di parte e di non cavalcare derive che convengono a feroci calcoli politici, hanno il dovere di cogliere l’occasione per condurre battaglie degne come, in questo caso, quella per l’abolizione del carcere preventivo. Papa non può diventare lo strumento per inviare messaggi trasversali, per consumare vendette e far capire chi comanda e chi no, Papa e Tedesco non possono essere utilizzati come pedine di un gioco cinico dalla doppia morale condotto per gettare nel panico alleati e creare imbarazzo agli avversari, la frenesia forcaiola non può essere cavalcata ed esibita in maniera da informare la piazza che i suoi umori sono stati percepiti e accontentati. Va bene per i mestatori non per gli uomini di governo e Maroni e la Lega non hanno reso un buon servizio alla credibilità della politica. Il gelo calato sull’aula di Montecitorio dopo la consegna al boia di Papa la dice tutta sull’imbarazzo di Giuda ma non l’assolve dalla sua infamia.

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